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mercoledì 18 settembre 2019

Il rappresentante.


Uno scambio di opinioni sulla piattaforma di Possibile (ViePossibili) sulla rappresentanza politica mi ha dato lo spunto per riflettere sul tipo di uomo politico che frequenta ultimamente le istituzioni italiane.
Da ormai molti anni si assiste all'ascesa nella vita politica delle libere professioni (avvocati, medici, commercialisti, ecc.) e dei giornalisti, poi dei funzionari di partito e sindacali o dei ceti popolari. Se si vuole, il grado di rappresentatività dei parlamenti rispetto alla popolazione è aumentato, anche se le assemblee non sono 'specchi' fedeli della società.
Il livello più alto di rappresentatività è stato raggiunto dove il partito organizzato ha pesato di più nel reclutamento parlamentare. Il declino negli ultimi decenni di questa forma di partito sta allontanando i parlamenti da quel punto massimo.
L'appartenenza alla categoria degli 'esperti', le carriere nelle sempre più estese macchine pubbliche, ma anche la provenienza dall'imprenditoria privata e dal mondo dei media e il collegamento ai gruppi di interesse (notate la delicatezza, cerco di non scrivere lobby) sono destinati a “giocare” un ruolo crescente nel reclutamento dei politici.
Ci sono anche altri caratteri che sono utili a capire la provenienza dei novelli eroi. L'appartenenza a gruppi etnici, linguistici, religiosi, che in un’Italia che si scopre un po’ sovranista, identitaria e populista, mette benzina sul fuoco della separazione delle caratteristiche del “rappresentante” del popolo o del “delegato”, come si voglia chiamarlo. La rappresentanza femminile, minoritaria in passato e un po’ migliorata nel presente, è cresciuta troppo poco in Italia.
La considerazione che mi preme fare è questa: sistema elettorale maggioritario o proporzionale, collegio piccolo o grande, la “professione” del politico non ha gradimento nel popolo. Ed è un fuggi fuggi dalla condizione originaria, più faticosa, di capace mediatore e solutore di problemi sociali; questa primaria funzione è sostituita drammaticamente in alcuni casi, comicamente in altri, da “agenti di commercio politico” abili a smarcarsi dalle provenienze senza mostrare alcun rispetto per il ruolo ricoperto. Fugge e non si ritrova il valore della rappresentanza; il cui significato non sarebbe quello di dipendenza da opinioni e criteri immobili, ma appartenenza ad un gruppo sociale che ha scelto una persona con idee presentate prima, in campagna elettorale e con la sua vita attiva e politica, ad un gruppo sociale che gli fornisce la possibilità di esercitare la funzione di eletto.
Ai miei occhi, certo, che una gran parte di cittadini ha già accettato questo stato di cose e apprezza, in molti casi, la furbizia, il cinismo, la scaltrezza, il cambio di opinione a fini di cattura del consenso e mantenimento dei posti di potere.
Ma io sono antico, molto antico.

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