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Politica. Meridionalismo. Blues.

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mercoledì 29 maggio 2019

Senza riferimenti, è meglio proseguire alla cieca.


Si può essere più o meno legati alle parole scritte, anche quelle dette. Agli appassionati della parola propongo uno scritto datato, senza dire l’autore, che non riesce a scollegarsi dal presente, avendo esso almeno cento anni.
“…noi che abbiamo sempre manifestato la nostra spregiudicata strafottenza davanti ai nominalismi sui quali si inchiodano, come pipistrelli alle travi, i bigotti degli altri partiti; noi che abbiamo avuto il coraggio di mandare in frantumi tutte le categorie politiche tradizionali e di dirci a volta a volta: aristocratici e democratici, rivoluzionari e reazionari, proletari e antiproletari, pacifisti e antipacifisti, noi siamo veramente i relativisti per eccellenza e la nostra azione si richiama direttamente ai più attuali movimenti dello spirito europeo…”
Ciò che l’autore scrive dopo mi risulta inutile. Intanto rilevo che ogni movimento politico deve, anche inconsapevolmente, richiamarsi alla storia politica, a tesi già viste e vissute. Questo anche per la evidente incapacità di ipotizzare, per il momento e in modo popolare, una base progettuale nuova e alternativa al relativismo del nulla che si sopporta in questi anni orribili, che consenta di avere consenso e seguito.
Se vogliamo essere seri. Se non lo vogliamo, teniamo il prosciutto di scarsa qualità ben steso sulle coscienze, oltre che sugli occhi.
La fonte? La fonte no, è relativa.

mercoledì 22 maggio 2019

La “conquista del potere”.


Oggi si usa dire continuamente “hanno conquistato il potere”, riferendosi ai governanti di turno. Di questa affermazione i tifosi fanno un uso diffuso, perché dà l’impressione di una battaglia eroica e vittoriosa, di una meta raggiunta con i mezzi della campagna elettorale perenne che deve prevedere l’abbattimento politico di un nemico, sia esso il Pd o una indeterminata parte politica detta genericamente sinistra nel caso del governo nazionale attuale o l’inverso, in altri momenti non meno infelici.
L’espressione viene usata volentieri anche dagli sconfitti, dai diversi avversari “abbattuti” alle elezioni, perché fa credere che essi siano stati illegalmente sopraffatti con azioni imposte da calcoli matematici e da contratti creati per garantire una buona durata del governo del “cambiamento”. Serve a questi ultimi come scusa per non aver impedito la “sciagura” di un governo diverso. Non è possibile arrivare al potere, in uno Stato democratico come l’Italia, a costituzione parlamentare, contro la volontà di una maggioranza, sembra evidente. Quindi nessuna “presa del potere”, per quanto gli eroi possano dire il contrario. Piuttosto, incapacità manifesta, per le ragioni che ognuno di noi cerca di evidenziare con motivi “personalizzati”, di creare nuovi manifesti, anzi un nuovo manifesto politico che, esclusi finalmente i “nobili padri” variamente disseminati in partiti diversi che non sono nelle condizioni di rispettarsi e produrre argomenti che portino a progetti comuni, unisca la scarsa energia dell’elettorato e la diriga verso alternative “realistiche”.
Tutto questo non succederà. A torto o a ragione, chi ritiene di detenere il diritto (detto malamente anche dovere) di tutelare la seppur minima propria visibilità o la manciata di mesi trascorsi al governo di coalizioni conservatrici come l’eterna dirigenza inamovibile di partiti decotti che non propongono altro che il voto utile, la paura del diverso, la moderazione o l’eccesso di norme restrittive nel contrasto delle emergenze sociali, la tutela dei privilegi senza considerare minimamente il ruolo del semplice cittadino ed elettore, questa situazione si manterrà pressoché immobile. Conservatrice, appunto, della lenta decadenza della politica. Credo che peggio sia difficile fare, ma ci stanno provando e resterà, sul loro diario, la vittoria o la sconfitta conseguite con elezioni prive del significato più vero, quello della rappresentanza popolare.
Scrivo, anche se in realtà non c’è bisogno, che il voto lo esprimerò secondo i canoni che mi stanno più cari, senza tenere in conto alcuno la paura, l’utilità, il servilismo. Ma tenendo conto anche che un voto regalato (come se fosse antani) rappresenta l’inutilità del gesto, l’arroganza di chi riceve il regalo, l’impossibilità di vedere rappresentati i diritti di cittadino avente opinione.
Buon voto a tutti! (e votate i candidati di #Possibile, che è meglio).