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giovedì 16 novembre 2017

Il politico perfetto.



Non ci sono dubbi: siamo guidati da un piccolo esercito di politici ad una dimensione.
Indifferenti alla filosofia, menefreghisti per quanto riguarda le ricadute sociali delle iniziative politiche.
Il politico perfetto, figura mitologica a cui questa squadra si rifà, si occupa esclusivamente delle tecniche che possono aiutarlo a risolvere un problema di notorietà e consenso, quando esse sono in calo. Non si chiede mai in quale tipo di società è costretto a operare. Non si interroga mai sugli errori che commette, se sono frutto del male che è nella natura umana oppure del male che scaturisce dalla organizzazione di una determinata società (si chiama cecità ideologica o autoimmunosoppressione delle capacità autocritica).
Ha pochi hobbies. Flemmatico e vanitoso, si permette di criticare anche i grandi predecessori. Come dire che il politico perfetto, nella sua sterminata presunzione, non riconosce neanche i suoi padri. A tratti dà l’impressione di essere imbecille, di pensare solo al suo personale interesse.
Il politico perfetto, da personaggio ad una dimensione, è più facile da memorizzare rispetto ad altri tipi più stratificati. Tenace e indolente, arido e fanatico, il politico perfetto unisce in se tutti i vizi e le virtù dell’italiano, del figlio della Costituzione partigiana da revisionare. Un uomo che crede soltanto ed esclusivamente in quello che vede, sente, tocca, fiuta, gusta. Non per niente è un esperto di comunicazione. Il positivismo è, per il politico perfetto, totale e totalizzante. Del superamento della realtà che lo circonda non sa che farsene, come della ricerca metafisica. La società come è gli va benissimo e non lo sfiora per nulla il sospetto che potrebbe andare meglio, questa promessa serve solo a fini elettorali.
Questo tipo di società per lui è il migliore dei mondi possibili e le opposizioni non sono che effimere ed inconcepibili barriere concepite dall’ordine costituito. C’è in lui un buon livello di disprezzo per i poveri, tanto che decide di occuparsi della sempre ben frequentata classe agiata. Ed è solo all’inizio.