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mercoledì 2 novembre 2016

Il necessario distacco.

Per il voto del 4 dicembre siamo già schierati. Lo siamo quasi tutti. Gli indecisi un po’ si disinteressano. In realtà anche loro hanno già deciso cosa votare. L’astensione è un pugno nello stomaco, ma questo referendum non contempla il quorum. Con il necessario distacco guardo dall’alto lo scenario che fa da coreografia all’assetto costituzionale che si vuole così fortemente cambiare: è vero, viene detto ripetutamente che in fin dei conti se vincesse il NO non ci sarebbe la fine del mondo, forse dovremmo attendere un paio di lustri per una nuova proposta di riforma costituzionale. E se vincesse il SI alcuni valori fondanti del nostro Stato sarebbero conservati, se non amplificati. Ma non è scoprire qual è lo slogan più efficace la piccola missione di ricognizione che vorrei svolgere. Ad un certo punto il meccanismo di funzionamento di un apparato complesso come lo Stato, ci insegnano e spiegano, rallenta, si inceppa. Da quel momento, e identificare il momento è già materia del contendere, ci si è affannati a recriminare l’urgenza di intervenire. Qualcuno ricorda che hanno già tentato di operare revisioni; in alcuni casi le riforme costituzionali sono state realizzate (bene, male) e in questo momento tutti diciamo: male. In quale punto si è inceppato il meccanismo di funzionamento di questo Stato? Per caso, noi cittadini normali (senza apparenti titoli, per intenderci), abbiamo avvertito che il sistema messo in opera dopo la fine della II Guerra Mondiale andava profondamente revisionato? Se mi pongo questa domanda, nel silenzio opportuno che la dimensione del quesito merita, devo ammettere che la Costituzione mi appare come un contenitore di principi pressoché perfetti in una parte; e che l’altra parte non sia revisionabile dall’attuale classe politica. Semplicemente e definitivamente. La responsabilità di questa mia convinzione non posso che addossarla tutta, completamente e senza ripensamenti alla degenerazione dei Partiti, alla corruzione, ai ricatti subiti e fatti dagli esponenti del potere politico. Se da una tale società politica dovesse scaturire un rimedio peggiore del male, la responsabilità, come sempre, è di chi vota. Questi signori si adatteranno immediatamente alla nuova situazione. Ma il rischio è essere definito qualunquista, populista, complottista. Questo è già un ricatto e non ho alcuna voglia di subirlo. Un politico che si rispetti, meglio, che si voglia far rispettare, agisce dentro il sistema e dimostra di volerlo cambiare per migliorarlo, in un contesto condiviso. Certo che è difficile, fosse stato semplice uno qualunque degli attuali politici avrebbe potuto tentare un’avventura così impegnativa. Dite che il tentativo è già in atto e che l’operazione è il logico risultato di pressioni di altro mondi, forse il finanziario? In questo caso, ma anche in altri casi meno globali e comunque fino all’arrivo, in numero dignitoso, di rappresentanti della società coerenti e non corrotti, #iovotono. Risulta che i primi Padri Costituenti fossero incoerenti e corrotti?