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Politica. Meridionalismo. Blues.

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giovedì 25 febbraio 2016

Il compromesso.

Il compromesso. In diversi ambiti della società impera il compromesso come sistema di sopravvivenza. Ma perché questa via di fuga dalle scelte radicali ha così tanto successo? Il compromesso solleva dalle responsabilità; è un’ottima soluzione per chi ne fa un sistema di vita, garantisce a tutti i destinatari una soluzione a portata di mano e frutto magari di estenuanti trattative sociali, politiche, legate al mondo del lavoro. Il compromesso premia sempre gli attori al tavolo, mai i destinatari del loro sforzo. Problemi serissimi quando il compromesso si eleva a sistema di vita: nelle religioni, nella pratica quotidiana dell’essere cristiano o altro, siamo protagonisti di compromessi con noi stessi che rasentano il paradosso. Dei sacerdoti con loro stessi e con la società dei fedeli, ma anche viceversa. Nella politica, il compromesso è praticato sistematicamente. Non sono sicuro che la politica sia solo la pratica del compromesso tra parti politiche diverse, a volte avverse. Questo atteggiamento rivela l’incapacità di detenere una posizione netta e decisa sui principi per cui si è deciso di essere delegati dai propri elettori, pronti a cambiare verso rispetto a posizioni utilizzate per carpire consensi e poi cestinate in ossequio al “potere contrattuale” del compromesso. C’è chi insegna che la politica è la ricerca sistematica del compromesso. Non è così. I diritti hanno bisogno di punti fermi, di certezze inamovibili da cui non arretrare mai, nemmeno davanti a situazioni economiche e sociali tali da imporre – ma ciò è sempre strumentale – perdite di posizioni in termini di diritti civili. Il compromesso tra una sanità efficiente e una sanità sufficiente, è divenuto un altro paradosso. Se la sanità della mia Regione è da quarto mondo – escluse le poche ma presenti eccezioni – il compromesso è rappresentato da un viaggio della speranza. Ma questo non è un compromesso accettabile, non tutti possono investire, ormai, in tali viaggi. No al compromesso come stile di vita. No al compromesso come sistema di mantenimento del potere politico. Legato al concetto di compromesso vedo significati smarriti e parole come dovere, rispetto, tutela degli aventi diritto, coscienza. Ma poi, avete mai sentito parlare di un compromesso che non sia al ribasso?

martedì 16 febbraio 2016

I lustrini della politica.

Non ha senso criticare la Lega per i nuovi arresti. Come non ha senso credere di avere soddisfazione da provvedimenti giudiziari che riguardino un mondo detto politico, ma di fatto indaffarato nella gestione di cose, risorse, idee, posti di lavoro, lasciti e da definire, per tutto ciò, affaristico. Il passaggio di soldi da aziende ben disposte a uomini messi lì per connettere interessi economici in nome della rappresentanza popolare è un ennesimo fenomeno di degrado, di perdita di significato delle Istituzioni, compromesse attraverso la cialtroneria, la semplificazione ultrapopolare dei ruoli di rappresentanza istituzionale, a tutti i livelli. Ma d’altra parte, come resistere. Come resistere a sollecitazioni di corruzione economica e dei comportamenti. Non c’è un sistema collaudato che possa essere utilizzato per porre un argine serio all’ingresso nel mondo della rappresentanza popolare a persone che intendono collocare in posti di potere prima di tutto i propri accoliti, poi i seguaci e quindi i fedeli. Con queste armate di nominati ci si potrà dedicare alla gestione del bene pubblico, riuscendo a privarlo di ogni significato rispettabile in partenza. Generazioni intere all’inseguimento del potere politico, orde di candidati che pochissimo hanno da dare agli elettori. Questi però, puniscono il sistema con l’astensione, arma che fornisce un alibi illusorio, momentaneo e controproducente. Complicatissimo riuscire a scegliere un rappresentante politico. Esso ti viene imposto; l’idea che intenderebbe perseguire scritta in programmi elettorali confezionati come volantini pubblicitari, atti ad attirare con foto, trafiletti, sogni di notti di mezz’estate irrealizzabili e costosissimi. Non c’è uscita, per il momento.

mercoledì 10 febbraio 2016

La parola del mese è: schifiltoso.

Per non incorrere in equivoci è necessario ricorrere a un buon vocabolario. Il mio riporta: di gusti difficili, schizzinoso; difficile a contentarsi, esigente. Preceduto da “non”, assume il significato da cui sono rimasto abbagliato. Sentire da un Segretario Nazionale di un Partito e Presidente del Consiglio che non bisogna “essere schifiltosi sul voto”, sembra assumere un obbligo indirizzato verso un’assemblea di condominio (senza offesa per i condomini), che debbano deliberare pacificamente sull’acquisto di accessori vari per le rampe delle scale. Il fatto che la raccomandazione fosse in realtà rivolta ad una platea di “studenti della scuola di politica” di un dato Partito Nazionale, fa intendere che la dignità del voto non c’è, non ci può essere e non ci deve essere. Non deve essere valutata, come non deve essere valutata la qualità dei candidati, sui quali, certamente, non bisogna essere “schifiltosi”. La ricerca del consenso è cosa complessa. Se dici e scrivi nero su bianco cosa sia corretto fare per il “bene del Paese”, non si vinceranno mai le elezioni. Se dici e scrivi, sempre nero su bianco, cose non realizzabili e popolari, è probabile che si vincano elezioni che consentiranno di governare con carta bianca su tutto quello che pare o non pare giusto, perseguendo il vero populismo. Se a valutare l’operato del consesso di governo, alla fine del mandato, saranno voti provenienti da zone paludose, non bonificate, contraddittorie, vigerà la regola predominante ed incontestabile, nella sua semplicità e ovvietà, della assenza necessaria della “schifiltosità”. E’ sgradevole persino a pronunciarsi, la parola schifiltoso. Ma esserlo, sarebbe solo “dignitoso”. Il voto deve essere dignitoso. Regalato per interesse, mai.