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venerdì 9 ottobre 2020

Che c'è di bello?

Non c'è che dire. Belli siamo belli. Anche antichi e però saggi non tanto, se in maggioranza si preferisce il tran tran quotidiano dell'elencazione delle mancanze sociali impossibili da risolvere in poco tempo.
Le attività produttive lecite della Costa dei Gelsomini sono, direi giustamente, in scala rispetto al numero degli abitanti. Sono espressione della piccolissima industria di trasformazione di materie prime comprate a fatica. Più forti nel commercio al dettaglio, con crisi evidentissima in questo tragico anno, anche qui, dove le tradizioni sono secolari e in ogni famiglia si possono elencare esempi di commercio all'ingrosso e al dettaglio che risalgono a fine 700 e 800, attraversano il 900 e generazioni successive si scontrano con tasse e balzelli che ora si sommano alle crisi in atto.
Non mi date troppo retta, non sono un docente di economia: ma un cittadino che vive qui con qualche esperienza in settori del commercio, si.
Il turismo, il turismo... Quanti equivoci per quanto riguarda le attività che ruotano dentro questo brand. La ristorazione è diffusissima, è sicuramente la voce economica più attiva e reattiva in questo cantone. Sulla capacità di adattamento degli operatori di questo specifico settore ci sarebbe solo da assimilare i sistemi di investimento e reinvestimento del capitale umano e dei saperi, sostenuti dalla presenza delle Scuole di settore in zona.
E però prevale la realtà quotidiana del disservizio. Contano poco le dotazioni culturali di fronte alla quotidianità arrangiata dei servizi pubblici, non sempre troppo pubblici, misti pubblico-privato, e privati e basta. Mentre i "privati dei servizi" sono gli abitanti di sta quarantina di Comuni, sciolti, riaddensati e poi risciolti in un andirivieni di cause, ricorsi, nomine e rinomine.
Guardate che il cittadino si è allontanato dal normale richiamo del voto per questo. Troppo sollecitato, cerca nella ritorsione verso i partiti e nel civismo formule più stabili di rappresentanza e tutela politica.
Ah, non c'è da temere. Ancora per qualche lustro la rivoluzione apparente detterà legge. Non si può sfuggire alle regole della rappresentanza politica: non ci si inventa e non si può pretendere di governare il villaggio senza una tradizione di specchiata devozione verso il concittadino. L'astio e la concorrenza in piena inimicizia ha portato a questi insuccessi sociali e le nuove generazioni di politici ambiziosi deve apprendere facendo esperienza, come è giusto che sia.
Non cambierà facilmente, la condizione di questo spettacolare posto. E le foto pubblicate di tramonti, albe, anfratti, panorami, architetture fisiche e intellettuali di questo angolo della Calabria non fanno che aumentare l'insoddisfazione per la non corrispondente "aderenza" della risposta umana, sociale e civile di quelli che stiamo qui, ora.
Coraggio, si vota.