Quando
una persona esprime un pensiero, la società attuale impone che si specifichi a
che titolo si scrive. Bene, in non sono quello che descriverò.
Mi
va di scrivere della professione del politico e delle caratteristiche di coloro
che desiderano rappresentare se va bene, persone; nei casi peggiori, secondo
me, gruppi di potere.
Se
fossimo in una situazione normale, mi chiederei: come si fa a esercitare una
professione più rispettabile, più meritevole della necessaria considerazione
sociale? Se rifletto sulla grande responsabilità sociale che pesa (che dovrebbe
pesare) su queste persone, sui motivi che le spingono a scegliere pratiche
inusuali per occuparsi dei mali della società e cercare di risolverli, mi viene
in mente che costoro dovrebbero avere delle conoscenze della società superiori
alla media. Il politico esercita una professione sui generis, precaria, un
imbuto che ingurgita un flusso continuo di informazioni di qualsiasi tipo. E’
una professione fluida, che prevede che “politici non si nasce”, cancellando
una qualsiasi idea di formazione ad hoc, tranne che la necessaria Storia delle
Istituzioni, immagino.
Questa
Italia vive la rappresentanza come un esercizio provvisorio. Non si obbligano i
politici (ripeto, nel significato un po’ sognante che do io, di rappresentante
di persone e portatore di soluzioni) a saper ascoltare e osservare senza
paraocchi culturali e disciplinari.
E’
un fatto che la maggior parte dei politici ha finalità quasi commerciali - un
pubblico, un target: geograficamente, etnicamente e professionalmente; siamo in
una situazione che assomiglia di più a una “torre di Babele”, dove si assiste a
un intreccio di sempre nuovi linguaggi e nuovi formati: ma sempre più
spettacolarizzato (con risultati a volte comici, come le dichiarazioni su
storia italiana e Istituzioni dello Stato) e banale.
Da
questo punto di vista il campo politico sembrerebbe vicino a un processo di
esplosione: tanti tipi diversi di politici, senza tratti comuni riconoscibili,
diversificati a tutti i livelli, potrebbe portare a una “saturazione dell’offerta”.
Ironizzando, in Italia ci potrebbero essere più politici che cittadini!
Interpreto
questa fase come l'inizio della fine della rappresentanza politica. Troppi i
casi di ricerca di affermazione personale; invece che della condivisione dei
problemi ci si occupa di arrivare alla carica pubblica più soddisfacente.
Triste e inutile, soprattutto in Regioni disastrate e in via di
desertificazione come le Calabria.
Dare
il benvenuto a Salvini, a Zingaretti, a Di Maio, a Berlusconi o chi per lui e
agli altri non servirà a noi calabresi. A loro senz’altro. Mi pare.