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domenica 21 maggio 2023

Due generazioni non sono state sufficienti a cambiare la classe politica.

Se scrivo: “fronte reazionario” e “difesa del sistema occidentale” diventa facile notare che sono espressioni che risalgono al secolo scorso. E’ evidente, sono parole ideologiche, intrise di significati politici che istintivamente fanno identificare l’opposizione verso istituzioni internazionali e il capitalismo in genere. Cose d’altri tempi, si dirà.

Credo che non sia completamente vero. A ben vedere, con gli occhi di chi non è un politologo o uno scienziato della politica ma un osservatore medio della politica di una sessantina d’anni, pare di scorgere ancora all’opera le due entità che ho segnalato all’inizio.

Per meglio spiegarmi scelgo le parole dette dallo storico Miguel Gotor, ex parlamentare che seguo nel suo percorso di studioso sui social, in un podcast di Gherardo Colombo, “Lo Stato parallelo”, in cui viene delineato l’atteggiamento della classe politica italiana negli anni ’80 del secolo scorso relativamente all’affare P2. Ebbene, il comportamento non mi pare affatto dissimile da quello attuale, con le dovute variazioni dovute ai mutamenti sociali e social, se vi pare. Il primo dato è la memoria corta dei cittadini italiani, il secondo è la retromarcia sui diritti sociali e civili di chi è nominato in Parlamento con leggi elettorali “strane”. Soprattutto sono ridotti i diritti dei lavoratori e del lavoro, è forte l’opposizione alle regole dell’accoglienza e vaneggianti risultano le storie sull’etnia identitaria.

Così Miguel Gotor: “… forse non è stato messo sufficientemente in rilievo che vi erano Parlamentari. L’equivalente di un partito invisibile di media grandezza che non era stato votato da nessuno e che ora poteva influenzare la vita parlamentare e democratica. Si tratta in tutta evidenza di una concentrazione di influenza enorme ed informale sino a quel momento invisibile alla stragrande maggioranza che cittadini, che ribadì un dato di lungo periodo dell’organizzazione del potere italiano, ossia la tendenza ad organizzarsi in forme oligarchiche rispondenti a logiche di cordate e di notabilato. Sia detto senza moralismo alcuno: in un Paese come l’Italia, dalle reti corte e dalle strutture profonde, che in prevalenza seleziona la propria classe dirigente con pochi concorsi effettivamente aperti e competitivi ma in genere preferisce procedere per cooptazioni di tipo familistico, clanico, di cordata, di consorteria o di cricca, le quali non prevedono la lealtà verso una funzione pubblica bensì la fedeltà nei riguardi di un singolo protettore e di un gruppo benefattore…”

Ecco, a me pare che due generazioni non siano state sufficienti a modificare queste caratteristiche negative del potere “rappresentativo” dell’Italia. Le eccezioni sono difficili da individuare ma ci sono, basta non prestarsi alla cronicità di questi atteggiamenti. La vedo durissima.

mercoledì 3 maggio 2023

Il tran tran a Siderno

Nella nostra Costa dei Gelsomini niente rende originale un paese rispetto ad un altro. E’ un susseguirsi di caratteristiche leggermente diverse da comune a comune, l’originalità presunta è data dalle singole dotazioni di questo vasto territorio.

Originale è invece il modo di affrontare i ridotti servizi pubblici da parte dei cittadini, quei servizi che l’apparato statale mette a disposizione della sempre rarefatta società della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Ci si arrangia.

Un territorio vasto, un caso unico in Europa di Città Metropolitana coincidente con il territorio della Provincia di Reggio Calabria. Una alchimia burocratica e legislativa per nulla rispondente alle esigenze dei singoli comuni interessati, una novantina. Impatto sul territorio? Nullo.

Ma la Costa dei Gelsomini, la costa orientale rispetto all’Aspromonte, è un pacchetto turistico-culturale nel suo insieme. Sfrutta posizioni costruite nel passato, tutto il passato immaginabile da mente umana. Bene, la cittadinanza attuale ne tiene cura come un tesoro, si dirà. No, non si deve dire, nemmeno pensare lontanamente. Il travaso di milioni di persone verso gli altri mondi lavorativi ci ha tolto le capacità – fatte le debite eccezioni, che qui chiamiamo eccellenze per una forma di dignità e ricerca di conferme di esistenza in vita – di essere autosufficienti, di essere contenti del nostro modo di vivere, di essere infine litigiosi fino alla violenza nelle forme contrastate dallo Stato nei modi che conosciamo.

Uscire dalla depressione, per questa società, è possibile? A forza di aspettare che succeda abbiamo finito per abituarci a non avere cura di quello che c’è intorno a noi, ritenendolo troppo poco importante, privo di interesse sociale. I giorni passano uguali, il tran tran è questo.

Le occasioni di svago sono diventate l’unica forma di attività sociale divulgate in tutti i modi, come se lo “scialo” fosse la necessità più impellente, quella forma di intrattenimento che sazia la cittadinanza privata di altre forme di impegno sul, nel e per il territorio.

La cura, serve la cura. Cura e attenzione in quello in cui si crede. Nelle strade, negli uffici, bisogna abbassare la litigiosità, avere fiducia come ingenui nel concittadino, bisogna stupirsi delle buone azioni e attendere di essere capaci di farne. Le buone azioni da rivolgere alla Costa dei Gelsomini da parte dei suoi abitanti, finalmente affrancati dalla necessità di fuga. Quella materiale dal posto che li ha visti nascere e dalla realtà creata per truccare il degrado. Il giorno dopo, il trucco scompare, ritorna il degrado. Evidente, certo e duraturo.