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giovedì 21 maggio 2020

Troppo nero, troppo vero.


Sam Lightnin’ Hopkins è uno dei miei preferiti. Bluesman viaggiatore senza soste, aveva il terrore dell’aereo. Per questo per moltissimi anni non si spostò dal Texas e Stati limitrofi. Eppure era richiesto, anche in Europa.
Denunciava le condizioni di vita dei neri degli anni delle prime lotte contro la segregazione. E temeva fortemente che nel vecchio continente non avrebbero capito i suoi argomenti.
La segregazione ha questo effetto nefasto, nelle sue vittime: tendono ad auto isolarsi, mentre intorno si fomenta l’odio razziale quotidianamente.
Quest’uomo sul palco si trasformava in un cronista prestato al Blues più nobile, quello fatto da conoscenza dello strumento e testi profondi, tristi, motivati da voglia di rivalsa civile e sociale.
La conoscenza dello strumento non è per Lightin’ tecnicismo. E’ conoscenza del ruolo delle sei corde nel Blues, le strofe pesanti come l’aria appestata del perbenismo, versi drammatici, crudi e radicali.
Creava, come i poeti, la miscela vera, vera anche nel Blues: realtà e poesia in musica.

Vi propongo uno dei suoi pezzi più intensi e conosciuti. Grande Sam.

Baby, Please Don’t Go.