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Politica. Meridionalismo. Blues.

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lunedì 9 dicembre 2019

Il vero blues, quello metropolitano, americano, storico.


Oggi scrivo di un artista misterioso. Nessun dato della biografia di Robert Johnson ha mai potuto trovare conferma, neanche la data di nascita. Sempre schierato con la comunità afroamericana contraria alle religioni tradizionali dei bianchi, si costruì fama di sacerdote delle religioni africane, farcite di elementi ancestrali. Siamo negli anni ’30 e Robert Johnson lavorava con maestri come Son House, Howlin’ Wolf, Sonny Boy Williamson. Infatti iniziò ad incidere prestissimo, con buon successo.
Il Blues è questo, come sappiamo: cantare l’amore, le donne, l’infelicità, l’amicizia; raccontare della fuga verso il luogo dove si può incontrare la felicità. Johnson raccontava tutto questo in modo angoscioso e intenzionalmente malinconico.
Suonava la chitarra pizzicando le note acute e gravi quasi simultaneamente, usava la tecnica bottelneck (collo di bottiglia) per ottenere un’emozione ancora più intensa.
Nel momento migliore della sua attività arrivò a vendere 4.000 copie di un album. Ma la storia di Jonhson bluesman virtuoso ebbe la ricompensa negli anni novanta, quando fu pubblicata una raccolta delle sue canzoni. L’operazione portò alla vendita di mezzo milione di copie. Jonhson era morto nel 1938. Strano, vero?

Per sentire l’arte di Robert Jonhson nella sua completezza vi propongo Preachin’ Blues.
Notevole anche il video.

martedì 19 novembre 2019

I nervosi.


Sono affetto da assenza di riferimenti stabili. A dire la verità, la subisco, questa assenza, e la noto in coloro che cercano con un certo nervosismo di giustificare una appartenenza ad un gruppo, ad un partito, ad un movimento, a una associazione. C’è chi assume un comportamento distaccato, come per non farsi troppo coinvolgere, c’è chi restringe tutta la sua partecipazione alla analisi del “processo politico” senza voler avere a che fare con un quadro di riferimento. Proprio questo manca, per tenere insieme partecipazione e azione. C’è chi si appassiona alla storia politica, c’è chi passa alla filosofia della storia e da questa alla riflessione sulla sempre troppo deficiente condizione umana; e c’è chi si sofferma sulla politica, ma intendendo questa come “processo” politico, senza strutture, appunto.
Vale a dire, oggi si valutano solo i comportamenti dei politici in competizione per la conquista e la conservazione del potere, le strategie, il modo di impiego delle risorse e si finisce per azzerare o rendere minimi i rapporti stabili di potere, le aspettative e le disposizioni che orientano i comportamenti (anche comunicativi), cioè le strutture stabili, quelle che consentono il consolidamento di un’idea, che fanno in modo che si conservi almeno per un po’ coerente nella proposta.
E no, che non mi sta bene. I risultati, le ricadute delle azioni di questa forma elementare di politica non ci sono. E, se ci sono, sono talmente labili da risultare dannose.
Il bello è che si manifesta in tutti i modi, l’insoddisfazione: da “non fanno niente” a “si fregano i soldi”, a “pensano solo alle poltrone”, a “non hanno un pensiero uguale all’altro dalla sera alla mattina”, alle leggi elettorali sempre meno rappresentative per garantire il concetto falso di governabilità, trascurando sempre di mettere di mezzo la qualità delle leggi, sempre tese a garantire il consenso fino al giorno dopo.
Quando si stabilisce, finalmente, un percorso che fa aderire anche poche persone a un progetto di più largo respiro e di più vasto orizzonte c’è sempre lo sveglio di turno che afferma, senza possibilità di mediare: “ora c’è l’emergenza…, dobbiamo fare presto”. Le emergenze, sono create apposta per essere croniche. La politica, come viene vomitata ora, non consente programmi oltre le 24 ore e sembra che stia bene agli italiani. La speranza? La parola “sembra”.

giovedì 17 ottobre 2019

Lo stilista del Blues è Brownie McGhee.


Ve lo presento, questo performer quasi sempre affiancato da un armonicista spettacolare che risponde al nome di Sonny Terry, in grado di suonare spandendo energia e stile sopraffino.
La sua chitarra, sempre lucida e accordata in modo maniacale, rende al 100% nello splendido pezzo “Mean and Evil”. Su questo pezzo vi chiedo attenzione, perché è una lezione di sensibilità e rigore che dovrebbero conoscere tutti gli appassionati di Eric Clapton sparsi per il mondo.
Vivendo un’infanzia infelice con malattie invalidanti, come del resto Sonny Terry, Brownie McGhee suona da sempre la chitarra con uno stile personale picchiettato, detto jukin’, non facilmente imitabile. Ma è un maestro quando invade il blues con l’elettronica, procedendo alla trasformazione del Blues da musica folk a genere metropolitano sofisticato. Un precursore dalla vita complicata, perciò sincero artista che non poteva barare con il suo pubblico. Da gustare.

Alla prossima!

domenica 6 ottobre 2019

Il Civismo e la politica tradizionale.






Durante l’incontro politico tenuto il 5 Ottobre 2019 a Lamezia un partecipante al confronto rivendica, a ragione, il ruolo del civismo anche politico nella società italiana. E’ un argomento secondo me controverso, tanto è vero che la mia reazione al momento, che ho esternato nel breve intervento in cui ho ringraziato per l’invito, è stata quella di rifiutare, con molti dubbi, il concetto di “supplenza” del civismo nei confronti dei partiti tradizionali, quasi tutti assenti e incapaci di trattare argomenti in modo politico-scientifico.
Il primo dato, innegabile, è che il civismo si è fatto spazio nella politica nazionale, soprattutto localmente e sul piano, per fortuna in modo ridotto ma del tutto sgradevole e negativo, della formazione di liste civetta a sostegno di candidati anche nazionali.
Bisogna riconoscere che moltissime e necessarie sono le esperienze civiche, espressione di quella parte di società civile che riscopre il valore della partecipazione democratica alla cosa pubblica, diffuse capillarmente in tutte le parti d’Italia e spesso legate a realtà associative che già lavorano sul territorio. Questo è un ‘fenomeno carsico’ – che scava i suoi percorsi sotterranei grazie a strumenti come l’ascolto, dimenticati in troppi casi dai partiti tradizionali.
Una regolamentazione per poter distinguere il civismo urgente e meritorio da quello strumentale e di sostegno politico “civetta” a candidati non supportati dai partiti in maniera sufficiente sembrerebbe necessario, ma non è affatto semplice realizzarla, è evidente.
Perché i partiti rinunciano a svolgere la funzione civica? Una risposta potrebbe essere: la politica in molti casi diventa il lavoro della vita, per cui la politica perde il significato di fare assumere posizioni nette in molti campi, per preservare un necessario campo di voti più esteso possibile. Come un lavoro qualsiasi, la politica prevede la possibilità di perdere il “posto di lavoro” con famiglie da mantenere nel panico.
Non resta, quindi, che cercare tra i “Civici” coloro che declinano il civismo che cerca di valorizzare le esperienze di realtà locali riunendole sotto la definizione di “una politica fatta dal basso”.
Se si accetta la formula o ci si rassegna oppure ci si augura che ci sia una grande rifondazione morale e culturale dentro i partiti; ma è da anni che va avanti questa speranza con scarsi risultati. Da anni si tollera l’astensione – fenomeno che comprende sia le persone che non vanno a votare perché non si fidano, sia quelle che prendono strade reattive votando solo chi si arrabbia o chi urla.
E qui bisogna pur dirlo che partiti spompati e politici che vivono di professionismo della politica che sanno fare solo questo si inventano liste civiche per riciclare quadri e operatori. L’idea che la politica sia qualcosa che ti garantisce tutta la vita è una deformazione grave che è avvenuta nel nostro Paese per ottenere scorciatoie.
Il limite allora è quando il civismo consiste di fatto nel riciclaggio. Ci sono territori in cui il civismo presta il fianco a un’infiltrazione vera e propria di fenomeni deviati.
Questo è un limite vistoso, ma ce ne sono altri. Il civismo richiede molto lavoro: nasce tendenzialmente in territori anche piccoli per risolvere problemi locali ma non regge senza uno sguardo ampio.
Questo comporta un grado di coordinamento del civismo politico di qualità che è molto difficile, perché spesso il civismo è ingovernabile da questo punto di vista. È auspicabile, ma è difficile e richiede personalità di prim’ordine. Adesso è molto di moda pensare che basti denunciare un problema per risolverlo. Questo è un problema serio. I partiti hanno massacrato i loro uffici studi e persino gli uffici legislativi praticamente non ci sono. La qualità delle leggi è modesta, gli effetti li vediamo giornalmente. Uscire dalla solitudine o agitare un problema locale è scambiato oggi per fare politica, ma far politica significa trovare soluzioni e ciò implica serio studio e capacità di sintesi.
Devo quindi rimodulare il mio parere sul civismo: esso è necessario, quasi indispensabile. Ma non deve sostituirsi completamente alla Politica, quella vera, fatta di persone che si sfruttano fino al midollo per una parte della vita, con competenza, passione e una missione sociale da portare a termine. Anche ideologica, perché di partiti pieni di persone che urlano “si deve fare quello che la gggente vuole” senza in realtà sentire realmente il Paese, ne abbiamo piene le scatole.