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domenica 6 ottobre 2019

Il Civismo e la politica tradizionale.






Durante l’incontro politico tenuto il 5 Ottobre 2019 a Lamezia un partecipante al confronto rivendica, a ragione, il ruolo del civismo anche politico nella società italiana. E’ un argomento secondo me controverso, tanto è vero che la mia reazione al momento, che ho esternato nel breve intervento in cui ho ringraziato per l’invito, è stata quella di rifiutare, con molti dubbi, il concetto di “supplenza” del civismo nei confronti dei partiti tradizionali, quasi tutti assenti e incapaci di trattare argomenti in modo politico-scientifico.
Il primo dato, innegabile, è che il civismo si è fatto spazio nella politica nazionale, soprattutto localmente e sul piano, per fortuna in modo ridotto ma del tutto sgradevole e negativo, della formazione di liste civetta a sostegno di candidati anche nazionali.
Bisogna riconoscere che moltissime e necessarie sono le esperienze civiche, espressione di quella parte di società civile che riscopre il valore della partecipazione democratica alla cosa pubblica, diffuse capillarmente in tutte le parti d’Italia e spesso legate a realtà associative che già lavorano sul territorio. Questo è un ‘fenomeno carsico’ – che scava i suoi percorsi sotterranei grazie a strumenti come l’ascolto, dimenticati in troppi casi dai partiti tradizionali.
Una regolamentazione per poter distinguere il civismo urgente e meritorio da quello strumentale e di sostegno politico “civetta” a candidati non supportati dai partiti in maniera sufficiente sembrerebbe necessario, ma non è affatto semplice realizzarla, è evidente.
Perché i partiti rinunciano a svolgere la funzione civica? Una risposta potrebbe essere: la politica in molti casi diventa il lavoro della vita, per cui la politica perde il significato di fare assumere posizioni nette in molti campi, per preservare un necessario campo di voti più esteso possibile. Come un lavoro qualsiasi, la politica prevede la possibilità di perdere il “posto di lavoro” con famiglie da mantenere nel panico.
Non resta, quindi, che cercare tra i “Civici” coloro che declinano il civismo che cerca di valorizzare le esperienze di realtà locali riunendole sotto la definizione di “una politica fatta dal basso”.
Se si accetta la formula o ci si rassegna oppure ci si augura che ci sia una grande rifondazione morale e culturale dentro i partiti; ma è da anni che va avanti questa speranza con scarsi risultati. Da anni si tollera l’astensione – fenomeno che comprende sia le persone che non vanno a votare perché non si fidano, sia quelle che prendono strade reattive votando solo chi si arrabbia o chi urla.
E qui bisogna pur dirlo che partiti spompati e politici che vivono di professionismo della politica che sanno fare solo questo si inventano liste civiche per riciclare quadri e operatori. L’idea che la politica sia qualcosa che ti garantisce tutta la vita è una deformazione grave che è avvenuta nel nostro Paese per ottenere scorciatoie.
Il limite allora è quando il civismo consiste di fatto nel riciclaggio. Ci sono territori in cui il civismo presta il fianco a un’infiltrazione vera e propria di fenomeni deviati.
Questo è un limite vistoso, ma ce ne sono altri. Il civismo richiede molto lavoro: nasce tendenzialmente in territori anche piccoli per risolvere problemi locali ma non regge senza uno sguardo ampio.
Questo comporta un grado di coordinamento del civismo politico di qualità che è molto difficile, perché spesso il civismo è ingovernabile da questo punto di vista. È auspicabile, ma è difficile e richiede personalità di prim’ordine. Adesso è molto di moda pensare che basti denunciare un problema per risolverlo. Questo è un problema serio. I partiti hanno massacrato i loro uffici studi e persino gli uffici legislativi praticamente non ci sono. La qualità delle leggi è modesta, gli effetti li vediamo giornalmente. Uscire dalla solitudine o agitare un problema locale è scambiato oggi per fare politica, ma far politica significa trovare soluzioni e ciò implica serio studio e capacità di sintesi.
Devo quindi rimodulare il mio parere sul civismo: esso è necessario, quasi indispensabile. Ma non deve sostituirsi completamente alla Politica, quella vera, fatta di persone che si sfruttano fino al midollo per una parte della vita, con competenza, passione e una missione sociale da portare a termine. Anche ideologica, perché di partiti pieni di persone che urlano “si deve fare quello che la gggente vuole” senza in realtà sentire realmente il Paese, ne abbiamo piene le scatole.

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