Durante l’incontro
politico tenuto il 5 Ottobre 2019 a Lamezia un partecipante al confronto
rivendica, a ragione, il ruolo del civismo anche politico nella società italiana.
E’ un argomento secondo me controverso, tanto è vero che la mia reazione al momento,
che ho esternato nel breve intervento in cui ho ringraziato per l’invito, è stata
quella di rifiutare, con molti dubbi, il concetto di “supplenza” del civismo
nei confronti dei partiti tradizionali, quasi tutti assenti e incapaci di
trattare argomenti in modo politico-scientifico.
Il primo
dato, innegabile, è che il civismo si è fatto spazio nella politica nazionale,
soprattutto localmente e sul piano, per fortuna in modo ridotto ma del tutto
sgradevole e negativo, della formazione di liste civetta a sostegno di
candidati anche nazionali.
Bisogna riconoscere
che moltissime e necessarie sono le esperienze
civiche, espressione di quella parte di società civile che riscopre il
valore della partecipazione democratica alla cosa pubblica, diffuse capillarmente in tutte le parti
d’Italia e spesso legate a realtà associative che già lavorano sul
territorio. Questo è un ‘fenomeno carsico’ – che scava i suoi percorsi sotterranei
grazie a strumenti come l’ascolto, dimenticati in troppi casi dai partiti tradizionali.
Una
regolamentazione per poter distinguere il civismo urgente e meritorio da quello
strumentale e di sostegno politico “civetta” a candidati non supportati dai partiti
in maniera sufficiente sembrerebbe necessario, ma non è affatto semplice
realizzarla, è evidente.
Perché i
partiti rinunciano a svolgere la funzione civica? Una risposta potrebbe essere:
la politica in molti casi diventa il lavoro della vita, per cui la politica
perde il significato di fare assumere posizioni nette in molti campi, per
preservare un necessario campo di voti più esteso possibile. Come un lavoro
qualsiasi, la politica prevede la possibilità di perdere il “posto di lavoro”
con famiglie da mantenere nel panico.
Non resta,
quindi, che cercare tra i “Civici” coloro che declinano il civismo che cerca di valorizzare le esperienze di
realtà locali riunendole sotto la definizione di “una politica fatta dal basso”.
Se si
accetta la formula o ci si rassegna oppure ci si augura che ci sia una grande rifondazione
morale e culturale dentro i partiti; ma è da anni che va avanti questa speranza
con scarsi risultati. Da anni si tollera l’astensione – fenomeno che comprende
sia le persone che non vanno a votare perché non si fidano, sia quelle che
prendono strade reattive votando solo chi si arrabbia o chi urla.
E qui
bisogna pur dirlo che partiti spompati e politici che vivono di professionismo
della politica che sanno fare solo questo si inventano liste civiche per riciclare
quadri e operatori. L’idea che la politica sia qualcosa che ti garantisce tutta
la vita è una deformazione grave che è avvenuta nel nostro Paese per ottenere
scorciatoie.
Il limite
allora è quando il civismo consiste di fatto nel riciclaggio. Ci sono territori
in cui il civismo presta il fianco a un’infiltrazione vera e propria di fenomeni
deviati.
Questo è un limite vistoso, ma ce ne sono altri.
Il civismo richiede molto lavoro: nasce tendenzialmente in territori anche
piccoli per risolvere problemi locali ma non regge senza uno sguardo ampio.
Questo comporta
un grado di coordinamento del civismo politico di qualità che è molto difficile,
perché spesso il civismo è ingovernabile da questo punto di vista. È auspicabile,
ma è difficile e richiede personalità di prim’ordine. Adesso è molto di moda pensare
che basti denunciare un problema per risolverlo. Questo è un problema serio. I
partiti hanno massacrato i loro uffici studi e persino gli uffici legislativi praticamente
non ci sono. La qualità delle leggi è modesta, gli effetti li vediamo giornalmente.
Uscire dalla solitudine o agitare un problema locale è scambiato oggi per fare
politica, ma far politica significa trovare soluzioni e ciò implica serio
studio e capacità di sintesi.
Devo quindi
rimodulare il mio parere sul civismo: esso è necessario, quasi indispensabile.
Ma non deve sostituirsi completamente alla Politica, quella vera, fatta di persone
che si sfruttano fino al midollo per una parte della vita, con competenza,
passione e una missione sociale da portare a termine. Anche ideologica, perché di
partiti pieni di persone che urlano “si deve fare quello che la gggente vuole”
senza in realtà sentire realmente il Paese, ne abbiamo piene le scatole.
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