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mercoledì 23 febbraio 2022

Ma che genere di partito (o movimento) preferisci?

Domanda che porgo al culmine di crisi di identità a getto continuo dei partiti o movimenti ora esistenti, al lordo delle dichiarazioni dei loro dirigenti – uomini soli al co-mando di elettori molte volte lasciati soli –, di agglomerati di consenso con un obbiettivo solo: andare o stare al governo, con ambizioni di politica amministrativa ma non sociale.

Al netto della collocazione nel panorama politico, per quanto confuso, preferisco un partito di interesse e di integrazione sociale. Cos’è un partito di interesse e di integrazione sociale, per giunta rispettoso delle Istituzioni?

E’ un partito che risponde direttamente a esigenze sociali, non è frutto di alchimie parlamentari, non è frutto di conflitti di principio come se ne vedono uno al giorno in questi anni. Il rapporto che questo tipo di partiti stabilisce con i suoi membri è molto impegnativo: implica il finanziamento diretto attraverso l'iscrizione, ma anche la richiesta di partecipazione alla vita di partito dell’iscritto o del simpatizzante. Il partito di integrazione sociale si rivolge a gruppi sociali specifici, che cerca di mobilitare e incorporare nella sua vita. La sua forma organizzativa caratteristica è quella delle organizzazioni sociali che, sotto gli auspici del partito, cercano insieme di rispondere agli interessi e di attrarre e legare al partito categorie specifiche di cittadini: donne, giovani, cittadini alla ricerca di specifiche forme di rivendicazione. Di fatto questo tipo di partiti mira a trasformare, tendenzialmente, ogni elettore in un possibile iscritto e ogni iscritto in un militante.

Quello che preferisco sta proprio qui, in questa descrizione: il partito di integrazione e interesse sociale è una risposta politico-organizzativa allo sviluppo della politica di massa, che comporta la necessità di organizzare e mobilitare nuovi gruppi di elettori prima esclusi dalla competizione politica. Un compito rispetto al quale i tradizionali partiti di rappresentanza individuale risultano inadeguati, essendo quasi esclusivamente collettori di voti.

Va da se che la condizione inseguita è teorica ma praticabile sono in alcuni contesti già pronti e ricchi di esperienza in questo senso. Il contesto, è importante: se si è disposti a partecipare allo scambio continuo di opinioni e prese di posizione almeno circostanziate, il passo si fa leggero. Diventa più semplice aderire ad un progetto e condividerne le basi, in un clima privo, in linea di massima, di continue rettifiche di obbiettivi e rimaneggiamenti di linee politiche.

Questo chiedo a Possibile. A volte con risposte rassicuranti circa la determinazione, il sostegno delle tesi, la comprensione dei mille temi diversi in discussione, anche a carattere locale; a volte con gli inevitabili dubbi sulle scelte dei dirigenti. Ma, questo è il punto principale, si è liberi di essere di sinistra. Quella sociale, per i diritti di tutte e tutti, ecologista, per la rappresentanza più allargata possibile dei cittadini presso le Istituzioni, nel rispetto della Costituzione.

Resta l’altra domanda, sempre presente in me: la maggioranza dei cittadini italiani sente la necessità di essere partecipi e rappresentati o non avvertono affatto questa esigenza? In altri termini, è la politica che può fare gli interessi sociali degli italiani o è finita, la politica? Preferisco non sapere la risposta e cerco ancora.