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venerdì 5 novembre 2021

Si dovrebbe confermare l’esistenza di un mercato delle priorità sociali.

 

Pare evidente che ci sia un mercato delle priorità sociali. Lo pongono in essere gli strateghi delle forze politiche e sociali, nei modi e nei termini che meglio conoscono e che ritengono di potere imporre e disporre.

Diventa di secondo piano anche la conoscenza di quali “merci sociali” si stia parlando. E invece diventa importante, secondo me, che un tale meccanismo escluda completamente la spontaneità dell’emersione di una emergenza sociale, tal quale, senza filtri e manomissioni.

Nel caso, poi vedremo quale possa essere il mercato delle priorità sociali nella Calabria meridionale e come venga gestito. Se ce la faccio e se riesco a trasmettere il senso intimo di inutilità nell’appartenenza ad apparati politici, ad aggregazioni sociali, quando una trasversalità insipida e irrisolta rende automatico il meccanismo di reazione al mercato nero delle ineguaglianze.

Secondo uno schema elementare – non avendo preparazione economica specifica rendo con termini elementari il senso – le priorità sociali si stanno affrontando secondo un criterio di consenso elettorale e non di programmazione utile allo sviluppo sociale. Questo non significa che il profitto elettorale sia garantito. Forse significa che esiste una uniformità nell’affrontare i problemi. Le differenze di approccio alle soluzioni possibili tendono a sparire. Ad esempio, se i rifiuti urbani non trovano collocazione (secondo uno schema ambientalista o inquinante, non importa), diventano improvvisamente fuori controllo. Inizialmente il prezzo della gestione sale, e i costi ricadono sulla collettività, come sempre, di fronte a una reazione degli apparati preposti assente. Questo però causa una impossibilità di migliorare la situazione per la mancanza di rendita elettorale senza costi di popolarità. Vi immaginate l’insediamento urbano di un TMB ingrandito nelle dimensioni e nella capacità di lavorazione senza una ricaduta di impopolarità? Impossibile. Quindi, arriva la stagnazione nelle operazioni.

Da parte degli stessi operatori politici e sociali diventa quindi necessario affrontare (subire, per quanto ci riguarda) un’altra priorità sociale, la sanità, per esempio. Ma le cose non sono così semplici da sfruttare, elettoralmente. Anche qui le soluzioni riservano sorprese, a causa del fatto che gli Enti preposti non soltanto non producono e offrono soluzioni rapide, ma, anche, si commissariano come se non ci fosse rimedio altro e diverso. Come se uno Stato centralista non fosse responsabile delle crisi periferiche deleghi senza fine a “commissari al taglio del debito” e, se riescono, a “commissari al mantenimento dello stato comatoso di servizi sanitari territoriali”.

È vero che le priorità sono molte, ma cosa accade ai cittadini che vengono utilizzati come utenti per servizi scadenti? Succede che, secondo me, il divario tra coloro che sono costretti a farsi bastare le dotazioni e i servizi e coloro che possono comprare in altre realtà il loro fabbisogno di servizi di base cresce. E questo non serve ad armonizzare una società disidratata, collerica, dispettosa, chiusa in tribù autoreferenziali come la nostra.

Ma belli, siamo belli.