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martedì 19 novembre 2019

I nervosi.


Sono affetto da assenza di riferimenti stabili. A dire la verità, la subisco, questa assenza, e la noto in coloro che cercano con un certo nervosismo di giustificare una appartenenza ad un gruppo, ad un partito, ad un movimento, a una associazione. C’è chi assume un comportamento distaccato, come per non farsi troppo coinvolgere, c’è chi restringe tutta la sua partecipazione alla analisi del “processo politico” senza voler avere a che fare con un quadro di riferimento. Proprio questo manca, per tenere insieme partecipazione e azione. C’è chi si appassiona alla storia politica, c’è chi passa alla filosofia della storia e da questa alla riflessione sulla sempre troppo deficiente condizione umana; e c’è chi si sofferma sulla politica, ma intendendo questa come “processo” politico, senza strutture, appunto.
Vale a dire, oggi si valutano solo i comportamenti dei politici in competizione per la conquista e la conservazione del potere, le strategie, il modo di impiego delle risorse e si finisce per azzerare o rendere minimi i rapporti stabili di potere, le aspettative e le disposizioni che orientano i comportamenti (anche comunicativi), cioè le strutture stabili, quelle che consentono il consolidamento di un’idea, che fanno in modo che si conservi almeno per un po’ coerente nella proposta.
E no, che non mi sta bene. I risultati, le ricadute delle azioni di questa forma elementare di politica non ci sono. E, se ci sono, sono talmente labili da risultare dannose.
Il bello è che si manifesta in tutti i modi, l’insoddisfazione: da “non fanno niente” a “si fregano i soldi”, a “pensano solo alle poltrone”, a “non hanno un pensiero uguale all’altro dalla sera alla mattina”, alle leggi elettorali sempre meno rappresentative per garantire il concetto falso di governabilità, trascurando sempre di mettere di mezzo la qualità delle leggi, sempre tese a garantire il consenso fino al giorno dopo.
Quando si stabilisce, finalmente, un percorso che fa aderire anche poche persone a un progetto di più largo respiro e di più vasto orizzonte c’è sempre lo sveglio di turno che afferma, senza possibilità di mediare: “ora c’è l’emergenza…, dobbiamo fare presto”. Le emergenze, sono create apposta per essere croniche. La politica, come viene vomitata ora, non consente programmi oltre le 24 ore e sembra che stia bene agli italiani. La speranza? La parola “sembra”.