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Politica. Meridionalismo. Blues.

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mercoledì 23 maggio 2018

Oltre la chitarra. Il pianoforte arricchisce il Blues.


Negli anni ‘30 del secolo scorso emergono lo swing e il boogie. A Chicago e New York, in un clima di grande rinnovamento musicale compare il jukebox e i musicisti devono per forza di cose fornire blues ben confezionati, con testi vari che intrattenessero il pubblico. Il rinnovamento permette l’ingresso in scena del pianoforte, con un musicista su tutti, uno dei miei preferiti: Roosevelt Sykes. Negli anni ’40 imperversava con i pezzi veloci e boogie, ma era con i lenti ed i blues che Sykes impressionava e francamente impressiona ancora.
Come cambia il blues con Sykes? Con la tecnica. Con la mano sinistra produce un suono profondo da basso, con la destra si sbizzarrisce, come se suonasse da trombettista e da chitarrista elettrico. Un vero genio. Accanto ai grandi nomi più conosciuti del genere, annovero Sykes tra i grandi interpreti del Blues. Il primo vero bluesman è lui.

Ottimo ascolto, con Runnin’ The Boogie…

https://www.youtube.com/watch?v=p63A00-s1po

lunedì 14 maggio 2018

Oggi cambio opinione, anzi no.


Oggi non ho potuto cambiare opinione sui social. Sono un po’ prevenuto, prudente, sempre in attesa di verificare informazioni e conseguenze di ciò che leggo. Non è facile persuadere, chi tenta di farlo su questi mezzi non può far riflettere molto. Molte volte si cazzeggia, si sfotte, si induce in errore.
Personalmente, se ho in mente di cambiare opinione, di modificare un atteggiamento, preferisco farlo davanti a occhi attenti.
In genere si vuole provocare il cambiamento mostrando fatti, certi che siano sufficienti a determinare ragionamenti a favore della persona informata dei fatti. In realtà, la reazione è sempre un inasprimento dei toni e un irrigidimento delle posizioni, anche se un fondo di verità nei fatti c’è. Non è però sufficiente a spostare di un centimetro le menti, molto più pesanti di armadi e tavole imbandite. Non funziona così.
Sia che si tratti di campi di concentramento, di corruzione, di mafia, di mancanza di lavoro e dei suoi perché, di razzismo, di lotta agli sprechi, di raccomandazioni, di terrorismo, ciascuno trova sponda con motivazioni insuperabili da chiunque altro.
Se leggiamo o scriviamo che una cosa è giusta, nove volte su dieci la vogliamo. Cioè contano le motivazioni. Così diventano possibili alleanze inconcepibili, in nome di rivoluzioni che vogliamo, quindi ritenute giuste. Ma non funziona così. Secondo me, che non sono molto diverso dagli altri.

mercoledì 9 maggio 2018

Il ritorno della Prevalenza del Cretino.


Regalai La Prevalenza del Cretino di Fruttero&Lucentini all’amico Leonardo perché se ne guardasse, vista la concentrazione molto alta, detto e scritto con ironia. Non sono certo di non essere affetto anch’io da una leggera forma di cretinismo, indotto dall’ambiente circostante e dalle qualità personali, ma voglio sperare che i contagiati da questo sciagurato malanno comportamentale si possano “curare” reciprocamente, al fine di rendere gli effetti della sfortunata condizione poco invalidanti.
Fatto sta che i social facilitano l’ingresso nel tunnel, un po’ per  “ristrettezze espressive” derivate dalla fretta dell’analisi in tempo reale, un po’ dalla scarsa predisposizione a comprendere la condizione altrui.
La “trilogia del cretino” è composta da La prevalenza del cretino (1985), La manutenzione del sorriso (1988), e Il ritorno del cretino (1992). Prima che una presa in giro dei cretini fuori di noi, le opere sono un geniale, scorretto, cattivissimo vademecum per riconoscere il cretino che è in noi e i vizi del nostro tempo.

Qualche esempio è d’obbligo. Ricordate: “se concedete il passo ad un cretino egli crede di averne diritto”.

TUTTA COLPA DEL PROGRESSO. «Poco interessanti catene di cause ed effetti terapeutici, dietetici, sociali, politici, tecnologici spiegano l'esponenziale proliferazione della bêtise. Figlia del progresso, dell'idea di progresso, essa non poteva che espandersi in tutte le direzioni, contagiare tutte le classi, prendere il sopravvento in tutti i rami dell'umana attività. È stato grazie al progresso che il contenibile stolto dell'antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è dunque in primo luogo brutalmente numerica; ma una società ch'egli si compiace di chiamare 'molto complessa' gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumeri poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro. Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per realizzarsi».
L'INVINCIBILE INCONSAPEVOLEZZA. «Sconfiggerlo (il cretino) è ovviamente impossibile. Odiarlo è inutile. Dileggio, sarcasmo, ironia non scalfiscono le sue cotte d'inconsapevolezza, le sue impavide autoassoluzioni; e comunque il riso gli appare a priori sospetto, sconveniente, inferiore, anche quando - agghiacciante fenomeno - vi si abbandona egli stesso».
IL GHIGNO DEL DELIRIO. «Il cretino è imperturbabile, la sua forza vincente sta nel fatto di non sapere di essere tale, di non vedersi né mai dubitare di sé. Colpito dalle lance nostre o dei pochi altri ostinati partecipanti alla giostra, non cadrà mai dal palo, girerà su se stesso all'infinito svelando per un istante rotatorio il ghigno del delirio, della follia».
ALLERGIA AL DOVERE. «Tranne forse gli animali delle favole di La Fontaine, nessuno è mai stato bravo come gl'italiani nell'arte d'inventare nobili pretesti per eludere i propri doveri e fare i propri comodi».
I SETTE VIZI CAPITALI. «Un mendicante tende la mano. L'avaro non gli dà niente, perché cento lire sono sempre cento lire. Il superbo passa senza nemmeno vederlo. L'iracondo se lo toglie dai piedi con un'imprecazione. Il lussurioso non può certo far aspettare la bella Lalage, né il goloso può lasciar scuocere il prelibato risotto, né l'invidioso commuoversi per chi vive libero, senza responsabilità e senza pagare le tasse. L'accidioso si allontana senza fretta né rimorsi, ci penserà qualche altra anima buona».
ABBASSO LA DEMOCRAZIA. «Mille turisti in un chiostro significano in pratica l'annullamento del chiostro. Cento turisti davanti a un Caravaggio equivalgono alla soppressione del Caravaggio. Perduta è la concentrazione, perduto quel lento approccio contemplatico, quel girare attorno, quell'inclinare la testa[...]. È un test durissimo per chi si crede tollerante, democratico».

mercoledì 2 maggio 2018

Il Blues diventa intrattenimento. Gli anni ’30 e ‘40, epoca di cambiamenti veri.


L’esibizione del singolo artista nero, icona del blues delle origini, viene rimpiazzata gradualmente, specialmente nella Memphis del futuro rock’n’roll, da gruppi musicali spettacolari, le jug bands.
Queste bands suonavano in ogni tipo di riunione, nei quartieri neri, nei juke joints (locali gestiti da afroamericani), nei picnic, in campagna. Il tutto per raccogliere le offerte dei passanti.
Alle feste in case private, addii al celibato, in riunioni politiche, manifestazioni cittadine, campagne elettorali, inaugurazione di negozi, parcheggi d’auto.
Il repertorio era costituito da blues, pezzi umoristici, melodie ragtime. La band prevedeva percussioni, basso, kazoo, armonica e chitarra. Ma c’erano anche mandolino, violino, pianoforte, sassofono.
Tutto lo strumentario che troviamo anche oggi, nel sud del nostro continente. E’ passato solo un secolo.

Vi faccio ascoltare una chicca:

Jed Davenport & his Beale Street Jug Band in You Ought To Move Out Of Town (1930)


Buon ascolto.