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mercoledì 13 settembre 2023

Le parole della propaganda.

 

Chi frequenta i social e si interessa di politica finisce col doversi confrontare con i contenuti del web e dei media audiovisivi. Le condivisioni di questi file sono continue, una specie di prova inconfutabile da allegare pena l’accusa di essere autori di fake news. Tutte con frammenti di dichiarazioni estrapolate “significativamente” da contesti generali. Ma tant’è, si è convinti che una semplice dichiarazione di poche parole possa determinare chissà che cosa…

Lo scritto ed il parlato “in differita” della propaganda politica – se propaganda politica si può ancora definire quella distribuita in pillole – sono scese definitivamente nel campo delle volgarità facendone un segno distintivo. Quando c’è da propagandare un messaggio indirizzato al presunto pubblico medio, al pubblico definito “di strada”, al pubblico che si accontenterebbe (ma è una frode) di pochi e violenti vocaboli, come se fossero davvero efficaci, si ricorre al “file della verità”. Ma è davvero così efficace, il sistema? A me pare di no. Quando la propaganda della maggioranza ha bisogno di colpevolizzare le minoranze si scatena, nella maggior parte dei casi, - con ricorso a parole che non spiegano mai, sono sentenze senza motivazioni – una reazione a catena pazzesca. Si tratta solo di prese di posizione emotive, radicali, urlate e recitate malamente, nel tentativo di restituire ad un avversario le accuse di populismo.

Le opposizioni… queste si avvalgono, quando riescono e per almeno differenziarsi dagli altri, di principi storici, di richiami a diversi passati socio-culturali molto impegnativi che il più delle volte risultano impraticabili proprio dalle classi dirigenti dei partiti che ne fanno bandiera, neanche più ideologica. Impraticabili, certo. In questa realtà, chi potrebbe mai sognarsi di anteporre a presunti populismi nazionalistici una società socialista che faccia della politica economica redistributiva la sua bibbia? Ma neanche ci provano più a dire come, i dirigenti progressisti.

C’è, a parere di un cittadino scocciato e molto incazzato da questo andazzo irrimediabilmente ostile ad ogni interpretazione, e si realizza continuamente, quel momento di aggressiva incomunicabilità voluto e cercato senza sosta dai tifosi delle maggioranze e delle opposizioni; creato per arrivare al punto di non potersi e doversi confrontare con possibili avversari all’altezza. Non c’è tempo. Il confronto non serve, i politici-attori si nominano da soli e gli elettori sono sempre meno e ai registi va benissimo così. La democrazia rappresentativa è ormai un mito.

L’elenco delle parole e delle frasi “volgari” (non sono perbenista, ma un aggettivo dovevo pur metterlo), usate indifferentemente dai paladini di tutte le parti politiche o presunte tali che si agitano dietro profili con immagini il più delle volte provocatorie e offensive, è interminabile. Che poi, il presunto pubblico sarebbe attratto dalla lite, più che dagli argomenti esposti, il più delle volte già liquidati e depositati tra quelli già decisi da tempo. Un elenco che in molti dovrebbero fare, senza dimenticare gli “autori”.

Devo dire che le eccezioni ci sono, ognuno le tiene per se, si capisce quando vuoi tenere il livello del confronto alto, al limite della ricercatezza. Vado matto per questi casi, li cerco e li frequento.