BENVENUTI NEL BLOG DELLE RIFLESSIONI

Politica. Meridionalismo. Blues.

Pagine

giovedì 27 febbraio 2020

Memorie a comando.


Chi ha a che fare con partiti, identità e appartenenze sa, anche inconsciamente, che sarà sempre vittima delle elezioni, sia come elettore che come attivista.
La strategia elettorale dei partiti e movimenti è in fondo tutta uguale: attirare consensi da elettori di altri partiti e da nuovi elettori, conservare il più possibile i consensi dei propri elettori. I gestori del consenso devono confermare la fiducia di chi è già stato convinto e devono creare fiducia in chi non lo è ancora.
Il primo tipo di messaggi fa appello alla tradizione e alla memoria collettiva del partito, se c’è. Il secondo deve fare risaltare il progetto, il programma per il futuro.
In tempi “normali”, quando li abbiamo per caso attraversati, i due tipi di messaggi possono coesistere, mentre i problemi diventano tragicomici quando il partito deve fare una svolta strategica che mette in gioco la sua identità (ad esempio, un cambiamento di alleanze, come recentemente accadono in gran numero senza ritegno).
In questo caso la sua storia deve essere rivisitata, gli accenti e i silenzi spostati, così come devono essere modificati i programmi, ignorando clamorosamente (per alcuni, in modo necessario per altri) alcuni passaggi storici fondanti.
Questi processi avvengono con difficoltà, sono i cosiddetti bocconi amari da digerire; contrasti e resistenze interne mettono a dura prova la fedeltà degli antichi militanti e sostenitori, alcuni dei quali non si riconosceranno più nella nuova entità che emerge dalla 'svolta' e abbandoneranno il partito. Le chances di sopravvivenza del partito dipenderanno dalla sua capacità di far fronte al problema della divaricazione tra memoria e progetto.
Ah, la memoria: a volte sparisce, a volte ricompare. Molte volte, compare.

mercoledì 5 febbraio 2020

Tempo di Sanremo. Per compensare mi serve James Brown.


Ah, ma non è un controsenso. Mentre si cerca l’eccesso (solo mediatico) in un Festival della Musica Italiana comunque necessario per rendere varia la programmazione televisiva e per ossigenare l’industria della musica pop, io mi catapulto nella musica “martelli e ferraglia” mischiati in modo fantasticamente sincopato da questo matto del Funky, del Soul e del Blues.
Appena esploso il rock&roll, nella metà degli anni cinquanta, James Brown invade il palcoscenico: cantante, tastierista, compositore, innovatore, promotore e produttore. Il Blues con lui evolve anche socialmente.
Incursioni nel gospel (all’inizio), nel blues, nel rap. Ma Brown è il simbolo della Funky Music. Davvero chi ha attraversato gli anni della soul-disco non può non ricordare la potenza ritmica della sua musica, accompagnata da esibizioni di ballo sfrenate e irresistibili.
Un dato sulla sua pignoleria nella gestione del “marchio” è dato dal numero di “multe” destinate al suo seguito: manager, segretario, public relations, maggiordomo, guardarobiera, sarta, parrucchieri, gorilla e… musicisti, certo. Tutti multati almeno una volta a concerto per motivi seri o inezie.
Un ruolo lo ebbe anche durante la rivolta razziale successiva all’omicidio di Martin Luther King, quando cercò di sedare la rivolta con un messaggio televisivo apprezzato anche dal Presidente Johnson.
Nato nel 1928 lavorò come spazzino (oggi diremmo operatore ecologico), lustra scarpe, distributore di ghiaccio e, alla fine, musicista.
Il tratto che mi interessa di più? La sua vita è interamente dedicata all’esaltazione delle virtù degli afroamericani. Accusato di sostenere Malcolm X, finì per dichiararsi non violento. Che percorso netto!
Se ci chiediamo se c’è un solo posto sulla Terra in cui non abbiano suonato “Sex Machine”, la risposta è no, non esiste.

E’ quindi impossibile non ascoltare Sex Machine, vera opera cult: inimitabile e ancora coinvolgente.