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giovedì 27 febbraio 2020

Memorie a comando.


Chi ha a che fare con partiti, identità e appartenenze sa, anche inconsciamente, che sarà sempre vittima delle elezioni, sia come elettore che come attivista.
La strategia elettorale dei partiti e movimenti è in fondo tutta uguale: attirare consensi da elettori di altri partiti e da nuovi elettori, conservare il più possibile i consensi dei propri elettori. I gestori del consenso devono confermare la fiducia di chi è già stato convinto e devono creare fiducia in chi non lo è ancora.
Il primo tipo di messaggi fa appello alla tradizione e alla memoria collettiva del partito, se c’è. Il secondo deve fare risaltare il progetto, il programma per il futuro.
In tempi “normali”, quando li abbiamo per caso attraversati, i due tipi di messaggi possono coesistere, mentre i problemi diventano tragicomici quando il partito deve fare una svolta strategica che mette in gioco la sua identità (ad esempio, un cambiamento di alleanze, come recentemente accadono in gran numero senza ritegno).
In questo caso la sua storia deve essere rivisitata, gli accenti e i silenzi spostati, così come devono essere modificati i programmi, ignorando clamorosamente (per alcuni, in modo necessario per altri) alcuni passaggi storici fondanti.
Questi processi avvengono con difficoltà, sono i cosiddetti bocconi amari da digerire; contrasti e resistenze interne mettono a dura prova la fedeltà degli antichi militanti e sostenitori, alcuni dei quali non si riconosceranno più nella nuova entità che emerge dalla 'svolta' e abbandoneranno il partito. Le chances di sopravvivenza del partito dipenderanno dalla sua capacità di far fronte al problema della divaricazione tra memoria e progetto.
Ah, la memoria: a volte sparisce, a volte ricompare. Molte volte, compare.

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