Con
estremo rispetto, prendo e scrivo brevemente di Ray Charles. Brevemente, perché
solitamente lo ascolto e basta. E mi basta.
Ma
perdonate, alcune cose, le scrivo: versatile, suonava il piano, l’organo, il
sassofono; era compositore, direttore d’orchestra. Ma lo sentiamo, noi pazzi di
lui, come cantante particolarissimo, con speciali caratteristiche. Jazz,
country music, pop, rock & roll, il blues. Il suo talento viene sputato
fuori quando fa blues, ma se ci fate caso non è mai stato considerato un
bluesman. Ma cosa ha creato con quella voce…
La
discografia immensa impedisce di citare (male, come si fa…) un pezzo in particolare,
mi va di aggiungere che il suo blues è eterno, episodico, profondo, triviale o
vendicativo, con un linguaggio diretto, con la voce da “nero spiritual”. Ogni
pezzo è emozionante, con la voce “strozzata” a volte, inquietante e profonda,
con toni patetici e di grande impatto. Lui era un po’ colto e un po’ sguaiato,
era The Genius, il genio della musica popolare.