Oggi
scrivo di un artista misterioso. Nessun dato della biografia di Robert Johnson
ha mai potuto trovare conferma, neanche la data di nascita. Sempre schierato
con la comunità afroamericana contraria alle religioni tradizionali dei
bianchi, si costruì fama di sacerdote delle religioni africane, farcite di
elementi ancestrali. Siamo negli anni ’30 e Robert Johnson lavorava con maestri
come Son House, Howlin’ Wolf, Sonny Boy Williamson. Infatti iniziò ad incidere
prestissimo, con buon successo.
Il
Blues è questo, come sappiamo: cantare l’amore, le donne, l’infelicità, l’amicizia;
raccontare della fuga verso il luogo dove si può incontrare la felicità.
Johnson raccontava tutto questo in modo angoscioso e intenzionalmente
malinconico.
Suonava
la chitarra pizzicando le note acute e gravi quasi simultaneamente, usava la
tecnica bottelneck (collo di bottiglia) per ottenere un’emozione ancora più
intensa.
Nel
momento migliore della sua attività arrivò a vendere 4.000 copie di un album.
Ma la storia di Jonhson bluesman virtuoso ebbe la ricompensa negli anni
novanta, quando fu pubblicata una raccolta delle sue canzoni. L’operazione
portò alla vendita di mezzo milione di copie. Jonhson era morto nel 1938.
Strano, vero?
Per
sentire l’arte di Robert Jonhson nella sua completezza vi propongo Preachin’
Blues.
Notevole
anche il video.
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