Si
può essere più o meno legati alle parole scritte, anche quelle dette. Agli
appassionati della parola propongo uno
scritto datato, senza dire l’autore, che non riesce a scollegarsi dal
presente, avendo esso almeno cento anni.
“…noi che abbiamo
sempre manifestato la nostra spregiudicata strafottenza davanti ai nominalismi
sui quali si inchiodano, come pipistrelli alle travi, i bigotti degli altri
partiti; noi che abbiamo avuto il coraggio di mandare in frantumi tutte le
categorie politiche tradizionali e di dirci a volta a volta: aristocratici e
democratici, rivoluzionari e reazionari, proletari e antiproletari, pacifisti e
antipacifisti, noi siamo veramente i relativisti per eccellenza e la nostra
azione si richiama direttamente ai più attuali movimenti dello spirito europeo…”
Ciò
che l’autore scrive dopo mi risulta inutile. Intanto rilevo che ogni movimento
politico deve, anche inconsapevolmente, richiamarsi alla storia politica, a
tesi già viste e vissute. Questo anche per la evidente incapacità di
ipotizzare, per il momento e in modo popolare, una base progettuale nuova e
alternativa al relativismo del nulla che si sopporta in questi anni orribili, che
consenta di avere consenso e seguito.
Se
vogliamo essere seri. Se non lo vogliamo, teniamo il prosciutto di scarsa
qualità ben steso sulle coscienze, oltre che sugli occhi.
La
fonte? La fonte no, è relativa.
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