Oggi
come oggi tutte le decisioni dei governanti di turno seguono criteri tecnici e
scientifici. Almeno dovrebbero, visto che le decisioni ubbidiscono a convinzioni
scientifiche non universalmente riconosciute. Non resta praticamente più spazio
per decisioni connesse con i valori, decisioni politiche e ideologiche nel
senso tradizionale.
Tutte
le scelte sono preparate da esperti e i politici si limitano ad attuarle. Una politica
che ubbidisce solo a necessità filtrate secondo le sensibilità dettate più che
altro da esigenze elettorali, mediatiche, di ricerca di consenso intriso di
populismo ed egoismo. Sicurezza, ordine, pulizia: condizioni non realizzabili
senza la piena collaborazione dei cittadini. Oppure dettate da esigenze economiche,
di finanza, per far quadrare i bilanci.
Per
ottenere e mantenere queste condizioni è un fiorire continuo di dichiarazioni del
tipo “politica del fare”, “fare la cosa giusta”, “quello che vogliono gli
elettori”, “quello che vogliono gli italiani”. Corroborate da numeri esorbitanti
di persone – sospetto indifferenti e presi da problemi reali – che chiederebbero
a gran voce questo o quel provvedimento “per salvare l’Italia”.
Gli
slogan dovrebbero essere banditi nei dialoghi tra persone mediamente serie.
E’
un dato non contestabile, credo e da ultimo, che anche questo nascente governo,
come quello precedente, se arriverà a vedere la luce, sia ben visto dai tecnici
della finanza. Lontanissimo dalla politica, è frutto di compromessi irrealistici.
Non per questo impossibili, visti i tempi in cui viviamo, tempi in cui quello
che è detto ieri non vale per oggi. E la chiamano politica. No, non è politica,
è affarismo.
Non
resta che stare da un’altra parte, per difesa personale.
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