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lunedì 2 settembre 2019

L'apoteosi della smemoratezza.


Oggi come oggi tutte le decisioni dei governanti di turno seguono criteri tecnici e scientifici. Almeno dovrebbero, visto che le decisioni ubbidiscono a convinzioni scientifiche non universalmente riconosciute. Non resta praticamente più spazio per decisioni connesse con i valori, decisioni politiche e ideologiche nel senso tradizionale.
Tutte le scelte sono preparate da esperti e i politici si limitano ad attuarle. Una politica che ubbidisce solo a necessità filtrate secondo le sensibilità dettate più che altro da esigenze elettorali, mediatiche, di ricerca di consenso intriso di populismo ed egoismo. Sicurezza, ordine, pulizia: condizioni non realizzabili senza la piena collaborazione dei cittadini. Oppure dettate da esigenze economiche, di finanza, per far quadrare i bilanci.
Per ottenere e mantenere queste condizioni è un fiorire continuo di dichiarazioni del tipo “politica del fare”, “fare la cosa giusta”, “quello che vogliono gli elettori”, “quello che vogliono gli italiani”. Corroborate da numeri esorbitanti di persone – sospetto indifferenti e presi da problemi reali – che chiederebbero a gran voce questo o quel provvedimento “per salvare l’Italia”.
Gli slogan dovrebbero essere banditi nei dialoghi tra persone mediamente serie.
E’ un dato non contestabile, credo e da ultimo, che anche questo nascente governo, come quello precedente, se arriverà a vedere la luce, sia ben visto dai tecnici della finanza. Lontanissimo dalla politica, è frutto di compromessi irrealistici. Non per questo impossibili, visti i tempi in cui viviamo, tempi in cui quello che è detto ieri non vale per oggi. E la chiamano politica. No, non è politica, è affarismo.
Non resta che stare da un’altra parte, per difesa personale.

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