Il
trio formato da Eric Clapton, Jimmy Page e Jeff Beck durò il tempo necessario per fare del blues storico un punto di partenza, in attesa di pervenire alla fantastica storia della Stratocaster di Clapton. Negli anni
’60 il pubblico impazziva per i Beatles e gli Stones, ma questi tre artisti emersero
a partire dal 1963 e rappresentarono, per i molti che cercavano il blues nei
pochi spazi disponibili, anche non afroamericani, una meta sospirata e meritata.
Nella confusione degli anni sessanta, The Yardbirds finalmente rappresentavano
un punto di arrivo per le attese di un pubblico esigente. La formazione cambiò
diverse volte, con Chris Dreja, Keith Relf, Paul Samwell, Jim Mac Carthy.
L’anima
del gruppo era Clapton, lo conosciamo bene il musicista inglese che ebbe il
tempo di fondare anche The Cream, il focoso gruppo rhythm&blues che ebbe un’influenza
decisiva nella nascita dell’Hard Rock. E pensare che entrò nei Yardbirds per
sostituire il chitarrista.
La
produzione del gruppo, con Clapton presente, consiste in un primo disco, Five
Live Yardbirds, che seguiva singole escursioni con mostri sacri come Sonny Boy
Williamson. Seguiva la raccolta Blues, Backtracks and Shapes of Things, una
splendida retrospettiva del gruppo che bisogna necessariamente andarsi a
cercare per regalarsi un blues più europeo, elettrico, che inchioda allo stereo.
Vi
propongo il pezzo che introduce senza equivoci il blues di Clapton e soci.
“24
Hours Too Long” è raffinato, colto, inimitabile nella esecuzione di un giovane
e promettente Eric Clapton.
Ottimo
ascolto.
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