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venerdì 26 marzo 2010

La sconfitta della dialettica.

A cosa siamo disposti a rinunciare per ottenere la vera cronaca dal sistema giormalistico italiano? E' possibile cioè separare il momento della cronaca dall'approfondimento, senza che questo divenga romanzo dozzinale ideato per depistare e uniformare le opinioni? Queste semplici domande dovrebbero precedere ogni nostra lettura, visione od ascolto che vogliamo intraprendere. Ma sono cautele e propositi inutili. Siamo immersi da un ventennio in un brodo di coltura mefitico. Chi rinuncia a districarsi è ormai vittima, dalla parte della ragione o del torto non ha importanza, dei grandi comunicatori, ormai divenuti iperspecialisti della strumentalizzazione. Se ci pensate è un gran bel lavoro il loro: si tratta di veri romanzieri e giallisti, veri protagonisti della trasformazione del giornalismo in attività di depistaggio. Quindi, la vita pubblica italiana non ha protagonisti reali, ma piccoli uomini ingigantiti da, quelli si, veri maestri del trucco e della manipolazione, maghi del surrealismo spinto all'eccesso. Il politico è diventato merce da pubblicizzare, confezionandolo nel modo più confacente al tipo di clienti da convincere. All'apice della crisi, solo un corto circuito può garantire il resettaggio dell'intero apparato. Speriamo solo che sia uno stop pacifico. I primi segnali non sono incoraggianti: lo show di Santoro ha scosso le coscienze, ma è precipitato in una forma di satira estrema che allontana le persone dal problema oppure le fa indignare. D'altro canto, la misura è colma: non avrei mai immaginato di vedere in azione i censori in un'era in cui aggirarli e scoprirli è semplicissimo. Fuori i mercanti dal tempio mi sembra l'invocazione più opportuna in questo momento.

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