L’intera
notte trascorse nel silenzio. La casa di Vittorio, immersa al centro del paese
tra le case uguali e taciturne era protetta dal vento e dal traffico anche durante
il giorno, figurarsi la notte.
La
vecchia sveglia elettronica si produsse nello sforzo ripetitivo giornaliero,
con l’effetto di attirarsi addosso la pesante mano di Vittorio che la zittì
quasi subito. Le sette. Sulla sveglia cadde anche la luce del lume, tenue e
calda, sufficiente a illuminare la stanza quanto bastava per impedire a Vittorio
di incespicare sulle inevitabili pantofole, sui calzini abbandonati, sugli
spigoli del letto.
Alle
otto era pronto per affrontare la giornata. Il suo lavoro consisteva nel
cercare di vendere prodotti ai pochi punti vendita di pertinenza. Lo faceva con
difficoltà, in un territorio povero di risorse economiche.
La
sua auto era sempre al suo posto, i controlli delle telecamere rionali erano efficienti
e garantivano la sicurezza dal furto dei beni mobili. Vittorio si sentiva rassicurato
e poteva sorridere alle rare persone che gli si presentavano davanti durante il
percorso di avvicinamento all’automobile, che occupava il posto riservato agli
abitanti indigeni in regola con il pagamento delle imposte locali. Quello
strano bollino riflettente sistemato sul cruscotto, visibile dalle Ronde Italiane
in qualsiasi condizione di tempo e a qualsiasi orario, era diventato uno degli
undici “Marchi di Sicurezza Abitativa” a cui ogni abitante doveva aspirare per
ottenere la pace con il fisco e le autorità democraticamente nominate dal “Centro
per il Reclutamento delle Risorse Umane Locali”, gestito dalla delegazione compartimentale
dei “Nominati dello Stato per il Buon Andamento della Vita”.
Lo
speciale bottone catarifrangente posto sul mento era a posto, pensò con
legittimo orgoglio. Si rese conto di sorridere al pensiero che avrebbe
incontrato da lì a poco la sua metà, che sarebbe uscita dalla sua casa con il
solito modo di incedere calmo ma deciso. Il “Centro di Alloggiamento delle
Spose Regolari”, gestito da persone direttamente dipendenti dal “Governo della
Città Metropolitana” era efficiente e garantiva l’integrità delle Donne della
Patria in qualunque fase della loro vita. Dopo avere consapevolmente generato i
tre figli prescritti dalla “Commissione per la Pari Genitorialità e Crescita
Demografica” il trascorrere della vita delle mogli era tranquillo, privo di
sorprese economiche, abitative e affettive. Bene, pensò Vittorio, Locridea sarà
felice di questo altro incontro, previsto nella “Tabella Periodica degli
Affetti” e rispettata dalla coppia in modo tassativo. Questo garantiva il
raggiungimento della “Quota Feriale di Cittadinanza”, quei quindici giorni di
vita dissoluta da trascorrere in una delle isole siciliane destinate ad
ospitare gratuitamente gli aventi diritto. Una fatica immensa, raggiungere
quell’obbiettivo: in Italia, durante quel 2045, solo 120 coppie erano riuscite
ad aggiudicarsi l’ambito premio. Un premio sponsorizzato dal “Partito del
Governo Italiano”, che faceva fronte a questo tipo di spese, come alle molte
altre “Spese del Benessere del Popolo”, attingendo dai beni requisiti ai
giudicati a titolo definitivo dai “Tribunali del Popolo Sovrano”.
Non
sfuggiva alle ottiche sempre attente dei controllori della “Pace Sociale”,
corpo di polizia dedicato al Sud, la pulizia delle strade cittadine, l’ordine
dei parcheggi e la cordialità tra i residenti del paese.
Molti
apprezzamenti sulle pagine del “Giornale della Verità”, periodico mensile
gratuito edito dal “Comando Locale dell’Editoria Garantita” aveva raccolto
l’iniziativa governativa sulla gestione dei residenti non indigeni in quel
luogo. Il pacchetto di norme sull’Ospitalità Condizionata era completo,
tassativo e ricco di spunti anche per i governi dei Paesi confinanti con l’Italia
e appartenenti all’Europa del Popolo Sovrano. Il pacchetto prevedeva infatti
che ogni cittadino non indigeno proveniente da Paesi non europei cercasse in
tutti modi, autofinanziandosi con le ricorse disponibili personalmente pena
l’espulsione dall’Italia, di rendersi simile ai paesani. Nei modi, nelle
abitudini, nella pratica della “Religione Autorizzata Governativa”. In cambio,
oltre alla cessione del 50% del reddito proveniente dal lavoro autorizzato dalla
“Commissione per l’Accertamento dei Requisiti dell’Italianità”, gli ospiti
erano tenuti ad esprimersi in un italiano fluente con accento del dialetto
locale e dovevano indossare, come gli italiani indigeni ma con maggiore
evidenza, un bottone stroboscopico adesivo applicato sul mento. L’applicazione
del bottone era si un po’ dolorosa, ma era un procedimento definitivo che
consentiva, mediante l’uso di appositi rilevatori, di verificare anche le
condizioni psichiche della persona, oltre allo stato dei pagamenti delle tasse
dovute in quello specifico momento.
Uno
degli impegni più gravosi era la raccolta differenziata dei rifiuti, da qualche
anno definiti per legge “oggetti utili al riutilizzo”, che dovevano essere
prodotti dai nuclei familiari, anche se domiciliati in luoghi diversi, in una
quantità precisa, definita dal lavoro svolto dal capofamiglia, dall’età e dal peso
della moglie, dalla capacità dei figli di essere istruiti anche senza l’obbligo
scolastico.
La
scuola era infatti riservata ai figli dei dissidenti e ai ragazzi incapaci di
autoistruirsi, secondo il facile manuale dei “Giovani Guardiani del Genio
Italico”. Le lauree erano uno sbiadito ricordo, relegate negli ampi corridoi
degli Ospedali Civili di zona, sostituiti da robot guidati dal “Centro Internet
della Salute”, in grado di dare suggerimenti di automedicazione estratti a
sorte dal web garantito dal governo.
La
dieta alimentare era considerata sufficiente e gratificante se realizzata su
indicazioni del “Centro Nazionale Sopravvivenza Macrobiotica del Popolo”. Essa
era una sintesi considerata perfetta derivazione dall’alimentazione vegana,
vegetariana, macrobiotica e fruttariana messe insieme. Ogni variante era soggetta
a imposizione fiscale seguita dall’obbligo di assumere olio di ricino a ogni
pasto in misura di 2 cucchiai pieni.
Ma
che quiete, in questo paese. A volte Vittorio pensava di andare in pensione
anticipatamente, sfruttando la “quota X”, sorteggio riservato ai migliori
performer del voto on line sul piano nazionale dedicato alle elezioni dirette
di I, II e III grado degli organi statali privilegiati.
Quel
giorno pensò di rimandare quel pensiero, decise, alla fine, di interrompere l’incubo.
La radiosveglia vera era sintonizzata male, c’era un neomelodico che
gorgheggiava.
Male,
Molto male, penso Vittorio, mi darò malato.
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