Il
“selvatico” John Mayall, inglese per caso ma nero americano nell’anima, ha
saputo mettere insieme l’espressività del suo linguaggio musicale con i
messaggi che arrivavano dall’America dei maestri John Lee Hooker e Muddy Waters.
Il
Blues americano arriva in Inghilterra alla fine degli anni cinquanta. Nell’isola
felice della musica nascevano i Rolling Stones e i Beatles e il Blues poteva
fare parte degli esperimenti riusciti della Londra musicale. Dopo un decennio
di crescita John Mayall si trasferisce in America, dove inizia un tour perenne
che lo consacra a leggenda del palco.
C’è
una descrizione che spiega la follia musicale di Mayall: “Visse anche su un
albero, aveva un aspetto da pazzo e suonava la chitarra, le tastiere, l’armonica
e cantava”. Gli calzava benissimo e anzi, non faceva nulla per smentirla. Nel
1965 volle (!) Eric Clapton, che aveva lasciato The Yardbirds, nel suo gruppo.
Questo momento della sua vita musicale spiega il ruolo fondamentale nel Blues,
ormai diventato genere intercontinentale praticato da musicisti fenomenali.
Musicista
che cambiò molte volte la composizione dei suoi gruppi, per un periodo lungo
non volle i fiati nelle sue composizioni. Alla fine aggiunse il sax e l’armonica,
rimettendo in gioco sempre la propria posizione. Diceva che “ogni gruppo che
suona con me arriva a un punto di serenità nel quale si permette il lusso di
stonare. Se non c’è emozione nel suonare cambio tutto, la devo ritrovare”.
Frase
fantastica, il rischio nella musica è pari al rischio nella vita. Solo che nella
musica c’è più armonia, non vi pare?
E
ora, il senso dell’udito può appagarsi: John Mayall e Eric Clapton in Hideaway.
A Londra, nel 2003.
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