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sabato 2 febbraio 2019

Johnny Winter. Il Bluesman bianco, ma solo in superficie.


Albino, ma nero nell’anima, Johnny Winter rappresenta la sintesi della integrazione musicale in una persona nata bianca solo per un capriccio genetico.
Le condizioni di nascita lo favoriscono subito, potendo contare su una famiglia che facilita lo studio della musica e che alla fine del percorso lo porta alla chitarra. Il suo interesse è il blues nero, quello di Muddy Waters e Howling Wolf, per intenderci.
Il risultato di questa totale immersione nel blues storico, fu che Winter ebbe un modo di pensare, di agire e una mescolanza fra sensibilità tipiche del Sud degli Stati Uniti, con tutto quello che ciò implica, che gli permise di aderire alle rivendicazioni della gente di colore. A questo si aggiunge la tecnica sopraffina, la ricerca continua di nuove forme di espressione musicale. Fece parecchio Hard Rock, anche negli anni ’80. Si meritò il Grammy con Muddy Waters, quando decise di produrre il suo mito, nel 1981.
Di certo, per apprezzare il blues, e quello di Winter esige concentrazione, bisogna pensare in nero, immergersi nelle sonorità essenziali e intime degli strumenti, ripulirsi dalle incrostazioni dettate dalla musica pop e decidere da che parte stare.
Per questo mi piace il Blues, devi scegliere da che parte stare.

Nella infinta serie di concerti, Winter era tenuto a suonare sempre un pezzo mitico, un pacchetto regalo che lo distingue per la tecnica strumentale e vocale dagli strumentisti e cantanti.
Johnny B. Good è un gran pezzo, lo conosciamo tutti. Suonato da Winter diventa indimenticabile.
Alla prossima.

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