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venerdì 27 luglio 2018

Il Teatro a Siderno.


Le opere pubbliche incompiute sono una manifestazione di una potenziale buona volontà degli Enti non supportata dalla concretezza. Escluse quelle progettate e realizzate parzialmente a scopo di malaffare, le altre, poche o molte che siano, rappresentano la società che amministra e i gruppi di potere che agiscono secondo le proprie specializzazioni. Se si è specializzati a costruire un manufatto, un costruttore lo farà a qualsiasi costo, lo sappiamo ed è inutile nasconderlo.
La burocrazia agisce come un ostacolo posto ad eliminare, nelle intenzioni, frodi e combine ma si rivela inefficace. I tempi per la realizzazione sono incerti, i fondi sono legati allo stato di avanzamento, i vincoli sono creati per salvaguardare tutta una serie di prerogative del territorio.
Nella piccola Locride c’è un dato che a me risulta evidente: le opere pubbliche dedicate alla cultura, teatri e strutture idonee alla rappresentazione artistica, sono frequenti. Quando una struttura non è completata, per i motivi indicati o per altri che non sono di mia conoscenza, il cittadino si chiede se quella struttura sia davvero necessaria o se rappresenta una speculazione edilizia in senso stretto o uno spreco per incapacità.
Le intenzioni dell’Amministratore, quali sono? Fare la struttura è indispensabile, ideare e realizzare le condizioni per una gestione artistica consapevole e non occasionale e improvvisata, pure. Le due cose sembrano inseparabili, ma così non è, nella realtà. Se la struttura serva ad una cittadinanza assetata o bisognosa di esibizioni teatrali e occasioni culturali o se l’Amministratore abbia bisogno di attestare l’operosità e lasciare un segno tangibile del suo “attivismo” culturale resta un quesito irrisolto.
Nel nostro caso, da cittadino esente da interessi che non escludono la fruizione di beni “non occasionali”, penso che un teatro sia un luogo ideale, non obbligatoriamente fisico; che più importante è la predisposizione di una cittadinanza a esigere certi presidi culturali, mai alternativi alla erogazione di servizi essenziali e mai in concorrenza con essi; che la gestione amministrativa di strutture impegnative prosciughi e banalizzi la parte creativa e artistica dell’investimento.

Insomma, il ruolo di un teatro è quello di fare in modo che siano i suoi spettacoli, e non la sua crisi, a rispecchiare la nostra società.

A completamento del pensiero, i dati dell’ISTAT che, come al solito, inquadrano senza benevolenza la miseria del Sud, del nostro Sud, anche in questo settore della vivere civile.

“Tra il 2013 e il 2014 la spesa delle amministrazioni comunali per ricreazione e cultura si è ridotta di quasi un quarto: gli impegni sono infatti passati da 1.990 a 1.531 milioni di euro; l’incidenza sulla spesa totale resta tuttavia pressoché inalterata, risultando del 2,8 per cento nel 2014 a fronte del 2,9 per cento nell’anno precedente. Da rilevare tutta via, a livello di dettaglio territoriale, che mentre al Nord-est l’incidenza si avvicina al 4 per cento, al Sud supera di poco l’1 per cento. La delimitazione del settore economico che produce beni e servizi culturali è resa complessa dal fatto che una larga parte di questi processi si svolgono all’interno della Pubblica amministrazione (come nel caso dei servizi di musei e biblioteche) e che parte della produzione avviene in comparti non appartenenti alle categorie “culturali” in senso stretto.
Fonte: Istat, Elaborazione dati sui bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali.”

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