Dal
1950 in poi il Blues si contamina notevolmente. Le molte chiese presenti nella
società nera americana – Pentecostali e Anabattista soprattutto – iniettano nel
suono Blues, con la presenza anche di donne di notevole levatura artistica come
Aretha Franklin, il gospel che ascoltiamo anche di questi tempi, anche se relegato
in esibizioni per veri intenditori. La stessa Aretha è figlia di un reverendo
anabattista.
Poco oltre il 1970 termina il “sentimentalismo” con il quale le
chiese avevano intriso la musica popolare nera nei decenni precedenti. Del soul
rimaneva poco, in anni in cui imperversava il funky e la disco music si
affacciava, commerciale e votata all’intrattenimento. Il rap era prossimo.
Forse,
le chiese non interessavano più alla gioventù americana, a causa della
delusione del grande sogno che aveva alimentato il senso di solidarietà degli
afroamericani: se la promessa delle chiese era il successo del Movimento per i
Diritti Civili, questo non era stato raggiunto, per cui l’interesse dei giovani
viene rapidamente spostato altrove. Noi che siamo ascoltatori e spettatori anche delle
mutazioni sociali americane possiamo chiederci come gli ideali di solidarietà
possano modificarsi nel giro di poco tempo e paragonare quelle trasformazioni
sociali alle nostre, non meno repentine e per certi versi ugualmente drammatiche.
Non
posso che proporvi Aretha in una clamorosa interpretazione degli anni ‘60, con
la promessa che torneremo al Blues al più presto.
I Never Loved A Man (The Way I Love You)
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