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domenica 4 giugno 2017

Necessario condividere.

Quanto sia necessario condividere, come forma di discussione aperta, anche le opinioni diverse dalle proprie e senza per questo essere troppo d’accordo, è dimostrato dalla organizzazione in gruppi piccoli e ben attrezzati – che non mi va di chiamare sette, per non tirare in ballo significati con radici storiche impegnative – che sta diventando la forma di rappresentanza più diffusa a livello nazionale e locale. Ci si oppone così allo Stato inefficiente e burocratizzato, che opera in una routine senza obiettivi. In questi gruppi, presenti ovunque localmente, emerge una personalità o un’altra in rapida successione e trova così espressione il coinvolgimento di ognuno dei partecipanti. Ognuno di loro è responsabile e solidale, libero di entrare volontariamente nel gruppo. Ne deriva un forte senso di autostima, che serve a dare a tutti un maggiore senso di sicurezza e incisività. Ma restano gruppi piccoli, non in grado di determinare cambiamenti definitivi nella società in cui operano, non in grado di costituirne di più grandi e articolati se il loro scopo non è dichiarato e gli scopi non siano sociali e politici. Le ragioni di una estensione del numero e dei motivi che fanno riunire più persone sono esclusivamente politiche. E ogni volta che la politica dimostra di essere inquinata e asservita, nasce un altro club, a difesa di un numero definito di persone o di interessi già esistenti. In questo vortice non si deve cadere, ma ci stiamo dentro già da parecchi anni, purtroppo e coscientemente.

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