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lunedì 13 febbraio 2017

Contrapposizioni.

Liberisti o antiliberisti. Globalisti o antiglobalisti. Radicali o moderati. Settari o dialoganti. Onesti o corrotti. Destrimani o sinistrorsi. Radical-chic o populisti. Chi partecipa alla “conversazione” politica, deve garantire correttezza, verità, veridicità, comprensibilità (il rischio è essere retorico, lo so e me ne scuso). Se manca una di queste condizioni, l’intesa tra gli interlocutori non può avere luogo, venendo meno una discussione razionale. La comunicazione deve avvenire tra persone estranee a condizionamenti esterni o interni, realizzando di fatto una forma di comunicazione democratica. Poi si può arrivare all’analisi della formazione del consenso, successivo alla comunicazione. Da parte mia, la penso con spirito più sarcastico e meno democratico (ma quanta democrazia c’è nell’umorismo, nella satira, nell’ironia), e cito George Bernard Shaw che disse «Il maggior problema della comunicazione è l’illusione che sia avvenuta». D’altronde, come potrei non essere sarcastico al riguardo, sentendo la comunicazione istituzionale fatta a pezzi, dal paesello in cui abito fino ai Colli romani?

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