Tutti i partiti si dichiarano inclusivi. E' la condizione minima per definirsi inclusivi, ne va del necessario consenso, del bisogno vitale di sopravvivenza e crescita. C'è bisogno di cercare il suffragio in tutti gli strati sociali; il partito che predilige alcuni o uno solo è destinato a scomparire nel giro di poche consultazioni. Esempi ce ne sono tanti, dai piccoli partiti di nascita parlamentare ai partiti espressione di un ristretto gruppo dirigente specializzato in poche - anche se essenziali, in qualche caso - richieste di tipo sociale e civile.
E quindi devono essere coinvolti tutti gli strati sociali, se la pretesa è quella di rappresentare qualcuno in Parlamento o in altre assemblee. L'offerta deve saper parlare al numero più alto possibile di persone e usare il linguaggio e il comportamento più consono per ogni strato. Ciò non è affatto semplice; almeno non semplice quanto si affannano a farlo sembrare i demagoghi di partito. Notate le differenze di espressione gergale quando si rivolgono al cittadino medio (orrenda definizione) o al cittadino benestante o, quando sono costretti (perchè è il bacino numericamente più grande e anche il più refrattario a farsi convincere dai troppo numerosi esempi di bugie del passato) a rivolgersi agli strati più bassi della società. Ecco, qui la demagogia organizzata si esprime con contorsioni e contraddizioni evidenti: la demagogia incide proprio sul "senso così comune e diffuso di grossolana giustizia", promettendo la cancellazione di ogni gerarchia sociale e l'uguaglianza assoluta. Dalle menzogne parte una prima selezione di aspiranti rappresentati e aspiranti partiti di massa, a favore di conventicole ristrette incapaci di rappresentare diversi strati sociali. Il dato che si evidenzia è che manca quasi completamente la trattazione organica dei bisogni della società, con priorità equivalenti che non escludano nessuno. Nessun partito è in grado ormai di soddisfare la richiesta di equità nella qualità delle soluzioni. Tutto avviene con disparità di trattamento tra strati, sempre a discapito dei peggio rappresentati.
La lotta tra partiti per accaparrarsi il consenso è demagogica:
si avvale delle stesse tecniche, dallo sfruttamento delle
"cupidigie", dei "pregiudizi" e degli "istinti più
rozzi" alle "promesse impossibili da mantenere". Ne risulta una
"ignobile gara", dove coloro che "ingannano volontariamente
abbassano il loro livello intellettuale fino a renderlo uguale a quello che loro suppongono siano gli
ingannati, e moralmente scendono ancora più in basso".
Si dice che sia facile schierarsi. Non lo è affatto, lo dimostra l'astensionismo, il disinteresse. Le domande sono tante, la principale sembra essere: cerco risposte in un partito che cerca di rappresentare il numero più alto di persone, anche se male e in modo disorganizzato o in un partito che rappresenta un numero ristretto di interessi, ma bene?
Non rispondete. Se aderite all'una o all'altra scelta non potete essere che demagoghi voi stessi, purtroppo. Perchè alla base, forse, dovrebbe esserci il bene comune, non il bene mediocre per tutti o pochi.
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