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domenica 5 aprile 2020

Crisi della sovranità.

Da semplice cittadino, con la certezza di riuscire solo a delineare i confini delle mie speranze su come finirà questo periodo inedito della vita, avverto la mancanza di autorevolezza dello Stato, attraverso gli atti e le restrizioni a cui si è sottoposti, alle troppe fonti che suggeriscono e che impongono a cittadini di diverse Regioni italiane comportamenti discordanti tra loro. Comportamenti che provocano “strane” reazioni e, quel che più conta, risultati non coerenti con le attese e a quanto pare anche dannosi negli effetti.
La sovranità dello Stato, questo mi pare, è messa in forse. E’ sotto stress. Questa sensazione di cittadino solo un po’ consapevole è una montagna che ha due versanti, che pratico con forti difficoltà, sicuramente con parole non sempre azzeccate, dovute alla mia visione dello Stato, non giuridica, fatta di sensazioni, come ho scritto prima: uno è il rapporto tra lo Stato e le Regioni, l'altro il rapporto tra Stati in Europa.
Nel primo caso manca, ripeto, secondo me, la capacità dello Stato di porsi come unica sede istituzionale che disciplina le parti sociali. Le Autonomie Regionali, ma anche la prerogativa in ambito sanitario che esse possano organizzare ed erogare il diritto stabilito dall’art. 32 della Costituzione, non stanno funzionando. Le Regioni lamentano la scarsa efficacia dello Stato quando non sono in grado di risolvere l’emergenza da soli, lo Stato non può e non riesce ad essere egualitario nei servizi sull’intero territorio nazionale. In ogni caso, il territorio italiano sembra uno Stato Federale, tante sono le decisioni in campo e molte opposte fra loro. E’ come se ogni Regione volesse ribadire la propria “indipendenza” e “autonomia” economica, sociale, finanziaria e anche scientifica dalle altre. Con tonfi clamorosi, che riguardano l’autorevolezza e la presunzione degli autori delle decisioni, tutte giocate sulle vite degli italiani.
Per quanto riguarda il secondo versante, invece, è certo che alcuni Stati abbiano rinunciato a qualche aspetto della loro sovranità. L'Unione Europea è sede delle contraddizioni che ne risultano. Una unione finanziaria, una unione non completa, di cui gli Stati europei non decidono il destino diverso che vorremmo tutti e che neanche in questo caso riesce ad essere autorevole se non dopo estenuanti richiami ad una utopistica “indole” europea dei cittadini continentali.
Mi resta un altro pensiero e poi prometto di non scrivere altro, in merito: nel mezzo di questo cammino, penso quello che deve rimanere da questa esperienza comune e insieme solitaria, sono le vite delle persone, non il consenso per governare il caos ancora per qualche anno. Bisognerà decidersi a scegliere e io credo di averlo fatto. Intanto faccio il mio dovere. Speriamo, bene. Anche se occorre la ben nota massa critica, per muovere le montagne.

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