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sabato 4 gennaio 2014

Non si parla.

E' bello sentire parlare, quasi quanto leggere. Sentire spiegare gli aspetti che portano ad una decisione. Seguire i ragionamenti per cui, avendo taluni fatti determinato una discussione, si agisce altrimenti o in conseguenza. E la reazione provocherà ulteriori reazioni o prese di posizione contrarie o favolrevoli. Tutto ciò spiegato, relazionato, affrontato con parole semplici, inserite in contesti e ragionamenti che è solo un piacere seguire o contrastare. Non succede più, in ambito sociale e politico. Data questa azione, io posso reagire con un tranquillo, spensierato, ostinato e per nulla spiegato no. Posso limitarmi ad accusare il mittente della contestazione, portando come conseguenza del suo tentativo di ragionamento per linguaggio da sms, uno stizzito vaffa. Posso dimenticarmi delle mie difficoltà a comprendere, per evidenti limiti culturali (miei e solo miei), cosa ha portato a scandire le parole che ho appena ascoltato, senza che si senta il bisogno di abbassare i toni o si senta la necessità di essere educati e rispettosi. Non siamo cioè più disponibili alla comprensione degli atteggiamenti e delle scelte altrui. Ciò limita l'ascolto ma anche, e questo è parimenti grave, la capacità di spiegarsi, portando tutto verso una semplificazione gutturale orribile. Le cose complesse non posssono essere spiegate con troppa semplicità. Molto meglio le battute satiriche, a patto che siano dette al momento giusto. Sui social il fenomeno diviene parossostico. Forse c'è un equivoco sull'uso che se ne dovrebbe fare. Vorrei dire "tolleranza zero" verso le volgarità, ma cadrei irrimediabilmente nell'errore di cui mi lamento. Vaffa.

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