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martedì 5 marzo 2013

L'ascesa in politica.

Qualche anno fa, nel corso di una serata in un ristorante in collina, il Nostro decise di lasciare il suo lavoro di successo, l'imprenditore televisivo, per dedicarsi alla politica. Il problema era il seguente: a quale partito associarsi? O fondarlo direttamente? Il tono della conversazione, con i suoi ospiti, era volutamente cinico e, per questo, carico di verità. Il Nostro non aveva convinzioni politiche; piuttosto notevoli capacità manageriali e grosse ambizioni. La scelta del partito non aveva importanza. Aveva solo bisogno del sostegno dei deboli e della promozione dei forti. Dopo il caffè decise che avrebbe militato nelle file della destra, che deteneva il potere ed era probabile che lo conservasse. I metodi di selezione della sinistra apparivano tortuosamente democratici e prevenuti nei confronti di chi non era stato membro del partito. In breve, gli fu offerto un bel posto in lista. Infrangendo la regola, il Nostro parlò più alla televisione che ai giornali ed elencò le vittorie del governo. Il suo programma consisteva nel fare infondere fiducia in sé nei poveri ed incrementare gli incentivi per i ricchi. Si scagliò contro l'ergastolo e contro il sistema penale. L'alto stile oratorio prevedeva: “Sono convinto di parlare a nome di tutti quando dico...” e “Nessuno può certo negare”... Scrisse un articolo che riguardava i successi ottenuti dal governo contro la mafia. Questo atteggiamento, unito all'aiuto di qualche collega influente, lo portò al successo. Perchè, vedete, la politica è un passatempo per i ricchi; è una passione per gli intellettuali; è una frustrazione continua, per chi la subisce.

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