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Politica. Meridionalismo. Blues.

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giovedì 4 aprile 2024

I Ponti per il Sud.

 I Ponti per il Sud.

Seguo il percorso amministrativo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e Reggio Calabria. Al pari del percorso burocratico, seguo anche il percorso, diciamo così, psicologico, di noi cittadini che siamo pro o contro l’opera imposta dal governo.

Impresa difficile, seguire i percorsi stando da questa parte. Mentre appare in discesa la strada dei decisori, lastricata di miliardi di Euro da spendere per favorire sviluppo economico, crescita e stabilità del numero di lavoratori interessati, prosperità economica per le imprese coinvolte, cambio del panorama in modo definito di un posto troppo fantastico per non essere modificato dal capitale.

Chi è il folle che può contestare l’inevitabile beneficio elettorale decennale per chi investe denaro pubblico costosissimo per modificare perennemente un contesto simbolico straordinario?

Man mano che le procedure proseguono verso la cementificazione del contesto irripetibile, diventato indifendibile da questa classe politica, si notano anche le modifiche dei comportamenti che i cittadini adottano per cercare di impedire o ritardare la realizzazione dell’opera: prima il richiamo a temi ecologisti, naturalistici; poi i richiami al mito, alla storia; segue la contestazione scientifica, adottata da tecnici con richiami a falde in movimento perenne; a seguire la contestazione ragionevole per cui i soldi spesi in questa avventura potevano essere stanziati e spesi in opere e strutture, anche sociali, per un beneficio diffuso nelle due regioni interessate, che viviamo come arretrate nei servizi di diversa natura; ora è il momento della contestazione alle procedure di esproprio dei terreni coinvolti, con proprietari pronti ad ogni azione legale.

Niente, non funziona niente, pare. Bisogna ammettere che i soldi spesi in cemento armato, acciaio, asfalto, ticket di ingresso nel paradiso modificato dall’uomo rende elettoralmente molto più che la gestione molto simbolica, culturale e rispettosa dell’ambiente.

Il mito sarà confinato. Lo sviluppo economico indotto da questa operazione sarà inevitabilmente più importante di ogni altra considerazione: materialisti, capitalisti, politici estranei al contesto decidono della Magna Grecia. Un’altra invasione per il meridione è servita. Zeus, fai qualcosa.

giovedì 21 marzo 2024

Che favola...

 La favola delle api.

Leggere quel poco che si può porta ad imbattersi in racconti a volte paradossali. Ma questa favola, scritta da Bernard de Mandeville nel 1705, è una delle iperboli più illuminanti (anche perché scritta in pieno Illuminismo) sulla società umana.

La riporto in sintesi, con la tipica scrittura ricercata del tempo.

Narra la favola di un alveare umano, dove tutto procedeva nel modo più felice, perché “i vizi dei particolari contribuivano al benessere pubblico”. Dacchè la virtù, istruita da politici accorti, aveva imparato mille astuzie e s’era legata in amicizia col vizio, anche i più scellerati individui erano in grado di fare qualcosa per il vantaggio comune. Infatti l’armonia in un concerto risulta da una combinazione di suoni direttamente opposti. Così, i membri sella società, seguendo vie assolutamente contrarie, s’aiutavano come per dispetto. La temperanza e la sobrietà degli uni facilitava l’ubriachezza e la ghiottoneria degli altri; l’avarizia era schiava del nobile difetto della prodigalità; il lusso fastoso occupava di milioni di poveri, e la vanità, questa passione così detestata, ne occupava un maggior numero ancora. Anche l’invidia e l’amor proprio, ministri dell’industria, facevano fiorir le arti e i commerci. Così, il vizio producendo l’astuzia, e questa unendosi all’industria, l’alveare abbondava di tutte le comodità della vita.

Ma un malaugurato giorno, gli abitanti si proposero di bandire il vizio e di diventare onesti. Immediatamente, i prezzi diminuirono; i tribunali si spopolarono; le prigioni furono vuotate. Una persona sola bastava a far quello che prima ne richiedeva tre. I magistrati non si facevano più corrompere. La nobiltà si disfaceva dei suoi cavalli e del suo lusso. Gli ecclesiastici adempivano da sé agli uffici divini ed aiutavano il prossimo. Per conseguenza, tutti quelli che vivevano del lusso altrui fecero fallimento: le belle arti furono abbandonate, le industrie e i mestieri negletti; i commerci languirono. A poco a poco nell’alveare, un tempo fiorente, si fece il deserto; e scarso di abitanti e di mezzi, esso non fu nemmeno più in grado di difendersi dalle aggressioni dei suoi nemici.

Morale della favola: “il vizio è altrettanto necessario in uno stato fiorente, quanto la fame per obbligarci a mangiare”, e che “la virtù sola non può rendere una nazione celebre e gloriosa”. Queste morali sono dell’autore, chiaro.

Stimolo polemico eccezionale, non c’è che dire. Io ci vedo una mistura velenosa tra pubbliche virtù e vizi privati che risulta facile rapportare, sia pure con le dovute precisazioni, alla società moderna.

Buone considerazioni a tutti.

sabato 10 febbraio 2024

Il cantiere, è aperto?

Il cantiere, è aperto?

Immaginare Siderno come cantiere aperto è una possibilità che dovremmo darci per resistere e continuare a sperare di vivere in un contesto locale migliore. Il paese è da ristrutturare, è bisognoso di opere di manutenzione ordinarie e straordinarie. Opere che provengano dal settore pubblico o privato, iniziate e finite con cura.

Se la contingenza è vissuta in questi termini, si può vivere Siderno con più pazienza. Si dovrebbe fare un elenco delle opere pubbliche e private che sono da considerarsi cantieri aperti, lavori che miglioreranno in un prossimo futuro l’aspetto estetico e funzionale della città. Servirebbe per comprendere lo sforzo di chi guida temporaneamente la città e fare intravedere prospettive e progettualità. Difficilissimo, certo.

Intanto i dettagli possono attendere. Nel senso che le innumerevoli sbavature nella gestione delle operazioni ordinarie delle amministrazioni e nel comportamento dei cittadini, me compreso, ovviamente, possono essere sopportate se si dà un senso, una prospettiva al paese.

Un esempio mi va di riportare: ho notato che in questi giorni una squadra di operatori ha provveduto a ripulire la lunga e stretta aiuola che costeggia il binario della ferrovia, lungo la frequentata Via Colombo. Una lunga aiuola sempre incolta, fino all’altro ieri. Senza fare le pulci all’esempio, ora che è quanto meno ripulita, con le siepi ordinate, la via è un’altra cosa, è meno polverosa e disordinata, diciamo. Bene. Sapete quello che stona, però: la presenza continua e costante di piccoli sgarbi quotidiani fatti alla normalità della pulizia. La persona o le persone che “aggiungono” alle aiuole o agli spazi che fino a qualche tempo fa erano destinati ai cassonetti per i rifiuti oggetti, buste, rifiuti anche “strani”, logorano ai fianchi la possibilità di resistenza della pulizia ordinaria. E questi sono i dettagli, quelli a cui bisognerebbe pensare una volta che i cantieri aperti, quelli delle opere pubbliche e private, saranno chiusi. Perché in quel momento, quando le dotazioni rivendicate e realizzate dalle amministrazioni che si susseguono saranno almeno praticabili e messe a disposizione dei cittadini (a quale prezzo non so), ci sarà tempo per dedicarsi ai dettagli.

Il degrado dei dettagli lo vedi, ci convivi. Lo contrasti facendo repressione e controllo o invitando i cittadini e operatori a fare meglio il proprio dovere. Il degrado strutturale è più impegnativo, richiede politica di visione e programmazione, ci vogliono fondi, burocrazia e… fortuna, diciamo.

Sono convinto che il nostro paese, sempre vivo e presente sul piano commerciale e produttivo, in mezzo all’oceano di difficoltà sociali evidenti e tangibili, può smettere di lodarsi inutilmente per traguardi provvisori e apparenti e può iniziare a vedersi in prospettiva, in condizioni leggermente migliori. Intanto, dovremmo collaborare tra cittadini, forse cambia. Forse.

Scusate la speranza.

sabato 30 dicembre 2023

Le destre organizzate, le sinistre istintive.

L’approvazione del bilancio dello Stato a fine anno costringe a festeggiare con il sentimento politico emarginato ai confini dell’interesse pubblico. Le “buone” Feste arrivano in soccorso del Parlamento.

Un’ottima strategia, non c’è che dire. In questo atteggiamento, così estremo e scelto per non dare alternative alle componenti della maggioranza stessa, come nelle scelte degli argomenti da utilizzare per la difesa del “prodotto bilancio”, i dirigenti delle destre stravincono. Sono bravi, con eccezioni talmente roboanti da essere subito riconosciute come escamotages per sviare l’attenzione dai nodi cruciali delle scelte economiche.

Ascoltando il dibattito nelle Camere – per altro diventato un comizio noioso e ripetitivo – si capisce subito che la maggioranza, attraverso gli interventi dei capigruppo, mette l’accento senza doversi sforzare di dare spiegazioni, sui dati economici e sui risultati ottenuti sui piani che più interessano quella parte politica e anche sociale (i supporters, per capirci): l’occupazione in crescita, l’inflazione crollata allo zerovirgola, investimenti cresciuti per la sanità e per i trasporti, aiuti alle famiglie in difficoltà.

Gli interventi dei difensori dell’italianità orgogliosa sono stati gli ultimi, FdI è il partito che esprime senza tentennamenti l’essenza delle strategie comunicative della Presidente del Consiglio: i numeri non mentono, i dati sono favorevoli, gli italiani questo cercano, si dà seguito al programma di governo e sono qui per questo, non c’è nessuno che possa confutare tutto questo.

Direi che questo modo di procedere dovrebbe andare bene a qualsiasi opposizione. A qualsiasi, tranne la presente opposizione.

L’opposizione è una bestia strana, rincorre senza tregua ogni argomento e provvedimento governativo per togliergli significato ed efficacia cercando di dimostrare a parole, con sempre le stesse identiche parole ma tutte provenienti dai singoli parlamentari, per l’occasione oratori in ordine sparso e non coordinati, cadendo nel tranello della facile critica sul singolo errore, sulla presunta falsità dei dati, sulla presunta assenza di credibilità dei governanti.

Da quale pulpito, vorrei dire. Se esiste una politica bugiarda, d’occasione, senza gravitas, frutto di propaganda, derivata dall’assenza perpetua di valori intoccabili solo a parole, la responsabilità è dell’opposizione. Non si coordina, non trova spazio e tempo per ripensarsi. E viene proprio da pensare che voglia il perpetuarsi di questa situazione. D’altronde, l’incapacità di elaborare strategie, di scegliere con coerenza quali parti di società rappresentare, di manifestare con presunzione incrollabile la volontà di tutelare gli interessi di tutti e quindi di nessuno, dimostra l’esatto opposto: le destre governeranno fino a quando le sinistre non si catafotteranno nella società da cui dovrebbero provenire. Per ora si va a tentoni, in un buio moderato, con accessori indistinti poco luminosi chiamati a bassa voce diritti. E si che ci sarebbe di che organizzarsi, ma non vogliono, non vogliono.

domenica 15 ottobre 2023

Si dice Risorgimento, ma si conosce poco la Repubblica Romana.

Ecco la parte iniziale della Costituzione della effimera Repubblica Romana, approvata ma mai entrata in vigore. Una storia risorgimentale, ma affascinante.

Cosa sia stata quell'esperienza sociale e politica derivata dall'inquietudine degli anni 1848-1849, ma contemporaneamente anni di insurrezioni, ribellioni, manifestazioni, lo dovrebbero spiegare meglio negli ambiti culturali. Una penisola frammentata in Stati per nulla inclini all'unità, disposti a qualsiasi alleanza per difendere lo status quo.

Quello che a me risulta impressionante, è che una Costituzione elaborata nel 1848, approvata nel 1849 durante l'ultimo giorno di vita della Repubblica Romana e senza mai essere entrata in vigore a causa della presa di Roma da parte dei francesi mandati dal Papa, risulta essere un prologo alla nostra Costituzione vigente, entrata in vigore un secolo dopo.

Da questo punto di vista, il Risorgimento è stato un lungo periodo storico contraddistinto dalle forti tinte delle conquiste sociali cercate da gruppi di cittadini anche a costo della vita.

Una cosa che ora pare impossibile: le conquiste sociali sono confuse con prese di posizioni conservatrici delle classi dominanti.

Un invito alla riflessione e alla lettura.

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA

(1849)

Principii fondamentali

I – La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica.

II – Il regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta.

III – La repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.

IV – La repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana.

V – I Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato.

VI – La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia coll’interesse politico dello stato è la norma del riparto territoriale della repubblica.

VII – Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio dei diritti civili e politici.

VIII – Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale.

mercoledì 13 settembre 2023

Le parole della propaganda.

 

Chi frequenta i social e si interessa di politica finisce col doversi confrontare con i contenuti del web e dei media audiovisivi. Le condivisioni di questi file sono continue, una specie di prova inconfutabile da allegare pena l’accusa di essere autori di fake news. Tutte con frammenti di dichiarazioni estrapolate “significativamente” da contesti generali. Ma tant’è, si è convinti che una semplice dichiarazione di poche parole possa determinare chissà che cosa…

Lo scritto ed il parlato “in differita” della propaganda politica – se propaganda politica si può ancora definire quella distribuita in pillole – sono scese definitivamente nel campo delle volgarità facendone un segno distintivo. Quando c’è da propagandare un messaggio indirizzato al presunto pubblico medio, al pubblico definito “di strada”, al pubblico che si accontenterebbe (ma è una frode) di pochi e violenti vocaboli, come se fossero davvero efficaci, si ricorre al “file della verità”. Ma è davvero così efficace, il sistema? A me pare di no. Quando la propaganda della maggioranza ha bisogno di colpevolizzare le minoranze si scatena, nella maggior parte dei casi, - con ricorso a parole che non spiegano mai, sono sentenze senza motivazioni – una reazione a catena pazzesca. Si tratta solo di prese di posizione emotive, radicali, urlate e recitate malamente, nel tentativo di restituire ad un avversario le accuse di populismo.

Le opposizioni… queste si avvalgono, quando riescono e per almeno differenziarsi dagli altri, di principi storici, di richiami a diversi passati socio-culturali molto impegnativi che il più delle volte risultano impraticabili proprio dalle classi dirigenti dei partiti che ne fanno bandiera, neanche più ideologica. Impraticabili, certo. In questa realtà, chi potrebbe mai sognarsi di anteporre a presunti populismi nazionalistici una società socialista che faccia della politica economica redistributiva la sua bibbia? Ma neanche ci provano più a dire come, i dirigenti progressisti.

C’è, a parere di un cittadino scocciato e molto incazzato da questo andazzo irrimediabilmente ostile ad ogni interpretazione, e si realizza continuamente, quel momento di aggressiva incomunicabilità voluto e cercato senza sosta dai tifosi delle maggioranze e delle opposizioni; creato per arrivare al punto di non potersi e doversi confrontare con possibili avversari all’altezza. Non c’è tempo. Il confronto non serve, i politici-attori si nominano da soli e gli elettori sono sempre meno e ai registi va benissimo così. La democrazia rappresentativa è ormai un mito.

L’elenco delle parole e delle frasi “volgari” (non sono perbenista, ma un aggettivo dovevo pur metterlo), usate indifferentemente dai paladini di tutte le parti politiche o presunte tali che si agitano dietro profili con immagini il più delle volte provocatorie e offensive, è interminabile. Che poi, il presunto pubblico sarebbe attratto dalla lite, più che dagli argomenti esposti, il più delle volte già liquidati e depositati tra quelli già decisi da tempo. Un elenco che in molti dovrebbero fare, senza dimenticare gli “autori”.

Devo dire che le eccezioni ci sono, ognuno le tiene per se, si capisce quando vuoi tenere il livello del confronto alto, al limite della ricercatezza. Vado matto per questi casi, li cerco e li frequento.